"Scappo per non fare panchina Servono i nuovi Pirlo e Seedorf"

Alessandro Nesta: "Il futuro del Milan dipende da chi arriva: ci vuole gente di spessore. Lascio una squadra delusa, lo scudetto era alla nostra portata"

"Scappo per non fare panchina Servono i nuovi Pirlo e Seedorf"

Milanello - Allora Nesta, cosa ha deciso?
«Lascio il Milan e il calcio italiano ma non chiudo con il calcio, non reggo più certi ritmi, campionato, Champions e coppa Italia. Per farlo dovrei sopportare la tortura della panchina: non ci riesco e allora ho scelto di cambiare continente».

Quando ha maturato l'idea di trasferirsi negli Usa?
«Non ho ancora firmato e non posso dire con precisione dove giocherò, so che Di Vaio invece l'ha fatto. Febbraio è stato il mese decisivo, gli Usa saranno una bella esperienza».

Mai contattato da Pirlo per conto della Juventus, mai pensato per esempio di tornare alla Lazio?
«Nel primo caso la risposta è no, nel secondo ci ho pensato ma ho scartato l'ipotesi perché avrei chiuso da pensionato e non voglio rovinare quel periodo magnifico vissuto a Roma».

Che Milan lascia?
«Un Milan un po' deluso perché rivincere lo scudetto era alla nostra portata. Del futuro non so dire né valutare, dipenderà da quelli che partono e da quelli che restano o arrivano. Per mio conto vado via soddisfatto: in 10 anni ho vissuto alla grande nel Milan o ho vinto abbastanza. Devo dire grazie a tante persone. Ho avuto la fortuna, da Paolo Maldini a Inzaghi, di vivere al fianco di campioni che rimarranno amici per la vita».

Per tornare a vincere, il Milan può solo reclutare campioni tipo Nesta e spendere tanti soldi?
«Da quando calcio è calcio, così si realizzano le grandi squadre. Ma il Milan ne ha collezionati molti di successi in tutte le epoche».

Quale è stato il segreto di Nesta?
«Forse uno solo: quello di allenarsi tutti giorni pensando solo a migliorarsi ogni giorno. Il resto l'ha fatto il miglior allenatore incontrato nella mia carriera: Carlo Ancelotti».

L'ha contattata per portarla a Parigi?
«No, ci sentiamo spesso, non me ne ha mai fatto cenno».

Quale considera la vittoria da incorniciare?
«La prima Champions, a Manchester contro la Juve».

Sarà possibile al Milan che rimane aprire un nuovo ciclo di successi?
«Per farlo occorrerà gente come Pirlo, come Seedorf, e cioè professionisti di grandissimo spessore, seri, con una voglia matta di vincere».

Il Milan si è fatto sentire per invitarla a restare un altro anno?
«Lo ha fatto Galliani ma anche a lui ho parlato chiaro: avrei dovuto sopportare qualche panchina non riuscendo più a reggere i ritmi infernali del calcio italiano. E in panchina divento matto. Preferisco eventualmente andare in spiaggia a Miami».

È vero che a Galliani ha detto: sono stanco di correre dietro a Messi?
«No, mai detto. Anche perché l'ultima volta non mi sono stancato, gli ho piantato una pedata nel costato…».

Pirlo ha cambiato il destino della Juventus?
«Voi che ne dite? Secondo me più che togliere qualcosa al Milan ha aggiunto tantissimo alla Juventus. Ha giocato tutte le partite tranne una per squalifica e ad altissimo livello. È un fuoriclasse, lo vogliamo dire una volta per tutte?»

Sembra molto scettico sul futuro del Milan…
«Molti grandi sono partiti e il Milan è ripartito. Accadrà anche questa volta».

Che calcio italiano sta lasciando?
«Ormai è diventata una spiacevole abitudine: ogni 5 anni dobbiamo farci riconoscere con qualche scandalo. Bisogna cambiare il costume del calcio italiano più che le regole».

Che europeo può regalarci la Nazionale?
«Di grandissimo rilievo. Ci sono tutte le premesse: un ct in gamba e motivato, un centrocampo tra i migliori, forse solo la Spagna ne ha uno più competitivo, poi in attacco con Cassano e Balotelli ci sono classe e fantasia».

È vero che con Allegri il feeling dello scorso anno si è interrotto?
«Devo dire che non si è verificato niente di significativo, qualche discussione, qualche mezza parola».

Gli infortuni sono stati il macigno della stagione: da cosa sono dipesi?
«E lo chiedete a me? Io sono quello che ha patito meno in questo ultimo anno e non saprei dare una spiegazione».

Ha interpellato la famiglia prima di scegliere gli Usa?
«A casa mia i

figli seguono il padre. Comunque ho chiesto loro: dove volete vivere? Mi hanno risposto in coro: a Miami. Solo che a Miami posso andare in spiaggia uno, due giorni. Poi mi viene l'esaurimento. Io devo giocare la domenica».

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