I n tempi non sospetti, Ibra dichiarò: «Se un giorno dovessi andare in guerra, porterei con me Gattuso!». Più che un complimento postumo al vecchio sodale, è il riconoscimento di una sintonia totale, calcistica e umana, la dimostrazione che tra i due il sodalizio ha moltissime possibilità di riuscita. Questa è la premessa indispensabile perché nel calcio, prima degli schemi e del talento, contano le intese personali. Che Ibra sia utile a questo Milan, martellato dagli infortuni, alle prese con i provvedimenti dell'Uefa (che non gli consentiranno investimenti dispendiosi durante il mercato di gennaio), non è un dogma ma una sicurezza che affonda le sue ragioni in alcune osservazioni. Ibra è capace d'integrarsi con Higuain e Cutrone che, da soli, non possono reggere il peso dell'intera stagione. Lo svedesone, che conosce alla perfezione il mondo Milan e Milano, è un grande motivatore del proprio gruppo e può mettere al servizio dello spogliatoio l'esperienza e il carattere guerriero indispensabile per far uscire dal bozzolo molti giovani di discutibile personalità.
Ibra, a dispetto della sua età, è integro fisicamente e ha una voglia matta di misurarsi con la stella appena arrivata nel firmamento Juve, CR7. Lo testimoniano i giudizi che arrivano da Los Angeles e la grande considerazione che ha sempre avuto di se stesso. È vero, ci sono pronostici contrastanti sull'argomento.
Costacurta ha espresso dubbi («frenerebbe la crescita di Cutrone»), Albertini un consenso pieno d'entusiasmo («lo voglio sempre con me») segno che può ancora dividere qualora chiedesse la luna nel pozzo per lo stipendio e la durata del contratto. Una scarica di adrenalina- questo è Ibra- farebbe bene al Milan che già in queste ore appare depresso per le troppe assenze che ne debilitano l'organico.
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