Chi siete voi azzurre del basket impegnate nel torneo del tre contro che ci accompagnate nella notte degli incubi, aspettando l'esordio della Nazionale maschile? Un bel gruppo impegnato a farci scendere dalla pianta vera delle Olimpiadi per ritrovare la passione originaria, la strada, i rumori, la musica, i profumi. Tokyo ha voluto queste esploratrici di un torneo che non c'era mai stato prima, un'aggiunta al basket diciamo canonico, ufficiale, insomma una edulcorazione oratoriale per attirare un pubblico giovane in un gioco che coinvolge il mondo. Ognuno di noi ha camminato, tentato, sfidato, nel campetto i bravi del quartiere, personalmente abbiamo lasciato tante paghette sul campo del pavoniano milanese contro la meravigliosa banda del Carlo Recalcati, campione sul campo, il micione Charlie dal tiro mortifero, l'allenatore che ci ha dato l'argento olimpico nel 2004, perché in quei tre contro tre vincevano sempre i figli di fratel Brambilla e di Taurisano.
Con questa idea ci siamo idealmente avventurati fra i grattacieli di Tokyo dove l'Olimpiade ha creato l'Aomi Urban Sports Park per accogliere le 8 squadre per il torneo di tre contro tre che finirà il 28 luglio, un viaggio elettrico su una metropolitana dei sogni dove c'è anche l'Italia del professor Capobianco, fresco di una seconda laurea discussa proprio dal Giappone. Pensavamo al sacrilegio, un po' come quelli del rugby quando vedono alle Olimpiadi gli artisti del gioco a sette. Insomma sembrava una profanazione, ma poi quella musica, quei profumi, quell'atmosfera che vivevi nelle sfide senza tempo, quelle giornate dove chi vinceva stava in campo e chi cadeva doveva sedersi fuori, quei tornei senza senso dove si diceva spesso che senza sangue non c'era fallo, l'abbiamo trovata fra i grattacieli, fra atlete di grande qualità, agoniste vere. Pensavamo di essere inguaribili nostalgici, ma poi, da Tokyo è arrivata la notizia che sulle tribune, fra un annunciatore anche più noioso di certi telecronisti nostrani, ci sarebbero stati anche il presidente francese Macron e la signora Biden, moglie dell'uomo che governa alla Casa Bianca.
Volevano vedere insieme la partita che seguiva quella vinta dallItalia sulla Mongolia in un esordio da farfalle nello stomaco come ha detto la Rae Lin D'Alie che illumina il quartetto italiano anche se lei viene dal Wisconsin, ma è la nostra luce vera, l'arma in più che ci ha portato a Tokyo, l'energia che illuminerà anche la Virtus Bologna femminile che vuole emulare quella campione d'Italia degli ometti.
Il presidente francese e la first lady per applaudire una sfida che potrebbe essere la finale del 28, la partita dove le americane hanno messo sotto una Francia che poche ore dopo sarebbe stata avversaria dell'Italia.
Proprio guardando questa seconda fatica delle azzurre abbiamo capito che eravamo appannati dal pregiudizio, come tante cose in questo mondo, come troppe cose, ancora, nella stessa Olimpiade. Ci siamo divertiti anche se alla fine avevamo la stessa rabbia del campetto quando perdevi una sfida che pensavi di aver giocato meglio. É andata proprio così contro lo squadrone di Macron che ha dovuto inseguire fino alla fine, partendo da 7-1 per le nostre ragazze, trovando il tiro giusto nell'ultimo minuto con Paget, un palla raccolta e tirata alla viva il parroco, proprio da campetto, una di quelle cose che ti rovinavano il pomeriggio, la sera all'oratorio e non c'era zucchero filato che addolcisse la delusione. Peccato, ma non ci sarà respiro per queste ragazze che obbediscono alla loro regina americana con grande passione, senza rimpiangere la loro vita nel basket canonico, la Filippi gioca a San Martino Lupari, la romana Rulli è a Broni, mentre Chiara Consolini da Peschiera vive il suo professionismo senza lussi a Ragusa.
Quando leggerete questa abiura di uno che non credeva davvero che il basket tre contro tre avrebbe trovato il suo tempio alle Olimpiadi, le azzurre avranno giocato altre due partite augurando buona fortuna a Sacchetti e alla Nazionale che all'alba si è trovata davanti la Germania in un girone davvero difficile.
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