Come il calcio, anche il rugby ha il suo Mondiale. Un mese e mezzo senza sosta, da oggi al 2 novembre in Giappone. Nona edizione, 20 squadre e 48 partite per strappare lo scettro ai favoriti di sempre, gli All Blacks campioni in carica. Una frase dell'ex calciatore Gary Lineker, riferita alla Germania, è quella giusta: «Il rugby è un gioco semplice: 30 uomini rincorrono una palla per 80 minuti, e alla fine la Nuova Zelanda vince». Hanno trionfato nelle ultime due edizioni, alcuni recenti passaggi a vuoto li hanno fatti sembrare meno insuperabili, ma il Leo Messi del rugby ce l'hanno loro, e non solo quello. La Pulce è Julian Savea, 192 centimetri per 108 chili, stella della terza linea che somiglia tanto al tridente del Barcellona, con i compagni Read e Sam Cane. Savea ha demolito il record di mete del mitico Jonah Lomu, infilandone 46 in 54 match, si presenta in una condizione straripante e vuole battere il primato personale delle 8 trasformazioni all'ultimo Mondiale. La sua sfida non può che essere con il Cristiano Ronaldo della palla ovale, Jonathan Sexton, mediano d'apertura dell'Irlanda, prima nel ranking mondiale e vera rivale per spodestare i neozelandesi. Sexton, 34 anni, è al canto del cigno, ha la chance di chiudere la carriera con un trionfo, viene dal titolo di miglior giocatore del 2018, ma anche da una serie di fastidiosi infortuni, per ultimo una lussazione al pollice.
E poi c'è questo Eddie Jones, il ct dell'Inghilterra, che assomiglia tanto a Mourinho. Non per l'aspetto, quanto per i modi. Burbero, poco sorridente e politicamente scorretto, come quella volta che definì meschini i giocatori gallesi, aggiungendo «chi conosce il Galles? Sono appena tre milioni, il Galles è un posto di merda». Gli stessi inglesi non lo amano, Jones è australiano e fin dall'inizio l'hanno etichettato come il primo allenatore non inglese della nazionale di rugby. Chi potrebbe tenergli testa è Rassie Erasmus, il ct del Sudafrica, ostinato come Antonio Conte, ma altrettanto polemico e schietto. Tempo fa un placcaggio alto di Farrell su Esterhuizen l'ha mandato su tutte le furie, il giorno dopo si è fatto riprendere in allenamento mentre chiedeva ai suoi «di placcare alto, ancora più in alto». Una pratica pericolosa, vietata dal regolamento, tanto che le sanzioni sono state inasprite proprio in vista del Mondiale. La Coppa del Mondo rappresenta l'ultima vetrina per quelle bandiere che non smetteranno mai di sventolare, e se a Gigi Buffon è stata negata Russia 2018, lo storico capitano dell'Italrugby, Sergio Parisse, chiuderà la sua esperienza azzurra in Giappone: sarà il suo quinto Mondiale, vanta 139 caps, è in Nazionale dal 2002, lui che è nato a La Plata, da genitori aquilani in Argentina. L'Italia debutta domenica contro la Namibia, nel gruppo ci sono Nuova Zelanda e Sudafrica quindi l'obiettivo minimo resta il terzo posto per garantirsi il Mondiale 2023.
Gli azzurri arrivano da 28 ko in 32 match, un ruolino che richiama «Next Goal Wins», il film ispirato alle sconfitte in serie delle Samoa americane nel calcio, squadra che ha incassato 294 gol in 42 partite. Una filosofia di vita, seppur perdente.
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