"Se vinco la Champions me ne vado"

Pirlo: "Con Allegri rapporti normali anche al Milan ma il mio tempo lì era finito... Ancelotti come un padre. Nel 2006 fui a un passo dal Real. Ma la Juve è alla pari"

Tevez e Pirlo, incontro richiesto alla Dirigenza?
Tevez e Pirlo, incontro richiesto alla Dirigenza?

Torino - Due Champions League le ha già vinte. Per la terza, è in lizza. Trentasei anni da compiere il 19 maggio, Andrea Pirlo si gode il presente, l'andata della sfida contro il Real Madrid di domani e un'idea un po' folle ma non campata per aria: «Se vinceremo la Coppa, sarà il coronamento di un sogno. Mio e non solo mio. A quel punto potrei anche salutare tutti».

Sta dicendo che lascerebbe la Juve?

«Potrei, ma non rimarrei in Italia. Non è comunque il momento per pensarci: prima vinciamo, poi vediamo».

Non è che l'idea di mollare l'abbia portata a commuoversi così tanto nei festeggiamenti scudetto visti a Marassi?

«No, ero contento e avevo appena preso una botta nelle parti basse (ride, ndr). La commozione spero arrivi tra qualche giorno».

Ritrova Ancelotti, allenatore che le ha dato tanto: sensazioni?

«Per me è stato come un padre. Abbiamo trascorso tanti anni insieme e mi ha portato nel grande calcio dandomi una posizione diversa in campo».

Si aspetta che escogiti qualche accorgimento tattico particolare nei suoi confronti?

«Non credo farà qualcosa contro di me nello specifico. E comunque sono abituato a giocare con addosso un marcatore».

Vinto lo scudetto, può dire finalmente la verità sui suoi rapporti con Allegri al Milan?

«Normalissimi, davvero. Non avevamo avuto problemi e, fino all'infortunio, avevo sempre giocato. Semplicemente, il mio tempo lì era finito e avevo deciso di andare via...».

Cosa le ha dato in più la Juve?

«Nuove motivazioni. La Juve era la squadra perfetta per rinascere: doveva farlo lei, dovevo farlo io».

C'è un motivo per cui quest'anno siete così avanti in Europa?

«Siamo cresciuti, dopo avere fatto la giusta esperienza. Prima non eravamo pronti, quest'anno sì nonostante qualche difficoltà nel girone. E non abbiamo più paura di nessuno».

Vi sentite le cenerentola delle quattro semifinaliste?

«Per nulla. Ce la giochiamo alla pari con tutti, a cominciare dal Real: cinquanta per cento di possibilità a loro, altrettante a noi».

Lei al Bernabeu ha già goduto di una standing ovation.

«Speriamo di replicare tra qualche giorno e di uscire dal prato vincenti. Tutti insieme».

Servirà un approccio particolare per il match di andata?

«Bisognerà usare l'intelligenza, ricordando che la sfida sarà su due puntate. Dovremo essere accorti ma anche spavaldi: non abbiamo nulla da perdere, semmai un sogno da realizzare».

Davvero vi sentite alla pari con le altre tre superpotenze?

«Assolutamente. Le altre sono abituate a tutto, ma l'anno scorso l'Atletico Madrid è arrivato a un passo dal farcela. Ecco: cominciamo ad arrivare in finale».

Sorpreso di quanto avete raccolto finora?

«No. Quando è iniziata la stagione, si è capito subito che avremmo dovuto dare qualcosa in più per confermarci al top. Ci siamo dati stimoli nuovi: volevamo dimostrare che la scelta di Allegri era stata giusta».

Cosa aveva pensato quando Conte disse che quella Juve non avrebbe potuto andare lontano in Champions?

«Ognuno ha la propria opinione. Lui ha preso la sua decisione, noi siamo qui e ce la giochiamo».

Un parere su Tevez?

«Ha confermato di essere un grande giocatore. Abbiamo la fortuna di averlo in squadra, speriamo ci aiuti a vincere ancora».

A 36 anni, ci si può ancora emozionare per una partita di calcio?

«Un po' si, ma è soprattutto tanta la voglia di giocare una partita del genere. L'emozione passerà subito».

E' vero che lei ha rischiato di diventare uno dei blancos?

«Sì, nell'estate 2006. Era praticamente tutto fatto, poi rinnovai con il Milan e qualche mese dopo vincemmo la Champions».

Rimpianti?

«No. Anche se il Real è la squadra più importante al mondo».

Quali i giocatori di oggi che le piacciono di più?

«Iniesta e Xavi. Giocano per la squadra, sono tecnicamente super e al loro fianco tutti elevano il proprio rendimento».

Lei gode di enorme rispetto in ogni parte del mondo: come lo si ottiene?

«Giocando bene, senza fare casino. Poi è ovvio che devi avere uno stile di gioco che piaccia alla gente».

Fino a quando pensa di giocare?

«Fino a quando avrò voglia e starò bene. Quando non succederà più, sarò il primo a farmi da parte».

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