Milanello Occhi bassi, sorriso spento, ego a mezz'asta, risposte concise e insoddisfacenti: mai visto Clarence Seedorf così provato nell'umore, mai sentito l'olandese così disposto ad ammettere qualche responsabilità. Merito o colpa, decidano i lettori, del colloquio rivelatore di venerdì pomeriggio con Adriano Galliani, o forse, molto più semplicemente, conseguenza inevitabile di una sequenza di sconfitte (7 su 12) che non poteva lasciare indifferente il club. Con aria contrita Seedorf ha provato anche a suturare una vecchia ferita col tifo laziale (ai tempi della morte di Sandri si rifiutò, unico nel Milan, di indossare il lutto al braccio) chiedendo scusa per la seconda volta alla famiglia del tifoso deceduto («non era la mia mancanza di rispetto verso quel ragazzo ma solo mancanza di notizie certe sull'accaduto»). Non ha ottenuto alcun risultato ché il fratello di Sandri gli ha risposto con un giudizio feroce («piccolo uomo») preannunciando la contestazione che gli sarà riservata all'Olimpico questa sera. È il segno che giocare in difesa non è una caratteristica del dna di Clarence molto più autentico quando invece può attaccare oppure mostrare la gigantesca fiducia nel proprio talento. Perciò ha fatto notizia, ieri, sentirgli riconoscere la responsabilità delle «7 sconfitte» e prendere nota del fatto che in passato ha preso le distanze solo «dall'eredità lasciata», intesa come «condizione fisica». Per non smarrire la sua identità poi ha trovato lo spunto per mettere il cappello sul suo lavoro, «la condizione fisica è migliorata come ha dimostrato la tenuta contro il Parma in 10, due mesi fa non sarebbe stato possibile» il rinnovo delle accuse rivolte alla gestione di Allegri.
Che ieri Clarence Seedorf, messo dinanzi a un bivio - fare risultati tra Lazio e Fiorentina oppure uscire dal presente del Milan - fosse animato dalla volontà di ricucire con tutto lo spogliatoio, lo si è colto da due passaggi. Quando ha sottolineato la smentita dei giocatori sulla loro presenza ad Arcore lodando il ruolo prezioso di Tassotti e quando ha tracciato un profilo romantico del rapporto con Galliani, «non conflittuale», ammettendo di aver bisogno «dell'esperienza del dirigente fondamentale nei momenti difficili della società». Sull'altro scottante argomento -l'incontro con i capi ultrà con progetti sul mercato futuro, liquidare ¾ del gruppo- si è avvalso di un' intervista di un ultrà, chiamato familiarmente Luca quasi fosse un vecchio amico d'infanzia. «Mai detto certe cose sulla squadra» la sua smentita poco convincente.
Così del famoso Seedorf antivirus arrivato dal Brasile per rimettere in piedi il gigante azzoppato non è rimasta traccia. Anzi ha fatto capolino una punta di amarezza («Nella mia vita ho sempre lottato con l'ingiustizia») prima di attribuire al vertice con Galliani un connotato diverso («sono stato io a chiederlo due giorni prima») e di cancellare dall'attualità l'ultimatum ricevuto (o fai punti o rischi). «Nessuno, né Berlusconi né Galliani, mi ha detto questo. Resto convinto che il mio lavoro darà i suoi frutti, che col gioco arriveranno i risultati e che nonostante le sconfitte qualcosa di buono già si è visto anche se qui conta soltanto il risultato» la sua malinconica difesa. Che deve tradursi questa sera in una prova convincente se vuole risalire sul piedistallo da cui è sceso nelle ultime ore.
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