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Serie A, premiata ditta affossa baby talenti

A 17 anni Emery stupisce col Psg, da noi il pari età Pafundi 101' in 3 anni. Ma tutti lo elogiano

Serie A, premiata ditta affossa baby talenti

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«Yildiz diventerà un giocatore meraviglioso, uno che stoppa la palla come lui è difficile trovarlo». E ancora: «Huijsen farà una grande carriera, col Milan ha fatto una roba alla Ciro Ferrara». Parole e musica di Massimiliano Allegri, che nelle ultime settimane ha incensato così i due classe 2005 che si stanno affacciando sul palcoscenico del grande calcio con la maglia della Juventus. Attestati di stima importanti per il fantasista turco e per il difensore olandese, che però per il momento appaiono un po' forzati in relazione all'impiego in bianconero dei due giovani. Allegri non è nuovo a recensioni dal tenore entusiasta sul conto dei suoi ragazzi alle prime esperienze nel mondo dei grandi. In principio fu Fagioli, sul quale nel 2018 Max aveva visto lungo quando disse: «Vederlo giocare a calcio è un piacere». Ma tornando all'attualità, in casa Juventus il campo per adesso racconta un'altra storia: 33 minuti in quattro spezzoni per Yildiz, 12 minuti al debutto in prima squadra per Huijsen, per di più in una situazione di piena emergenza dettata da infortuni e squalifiche varie che hanno decimato la rosa bianconera.

Ma se Allegri si piazza comunque al secondo posto tra i tecnici che hanno lanciato più prodotti del vivaio nelle ultime tre stagioni, con sette esordienti alle spalle del solo Mourinho che ne ha fatti debuttare addirittura dieci (a sua volta dovendo fare i conti con una lunga lista di indisponibili), l'impressione è che in Italia si continui a fare un gran parlare dei giovani senza però valorizzarli realmente. Emblematico l'esempio di Simone Pafundi, che di anni ne ha diciassette e di cui da almeno un paio si leggono meraviglie. In tempi non sospetti l'ex ct Mancini dichiarò: «Quando scrivo la lista dei convocati penso prima a Pafundi, poi a tutti gli altri». Un'investitura in netta contraddizione con la traccia fin qui lasciata dal talentino dell'Udinese, con la cui maglia ha messo insieme solo uno scampolo di gara in questo campionato e un totale di appena 101 minuti nelle ultime tre stagioni.

Dati che impallidiscono al cospetto di un altro classe 2006, che come Pafundi è stato inserito nella prestigiosa lista annuale dei sessanta baby più promettenti del Guardian, e che è già diventato una colonna di una delle big d'Europa. Parliamo di Warren Zaire-Emery, ormai insostituibile nel nuovo Paris Saint-Germain di Luis Enrique che per fargli spazio ha mandato via Verratti: dieci partite su undici da titolare, ben cinque assist a referto e una prestazione da leccarsi i baffi nel 3-0 rifilato al Milan. Impatto da predestinato, che probabilmente già tra qualche giorno gli aprirà le porte della nazionale maggiore francese. D'altronde all'estero funziona così: pochi proclami e parola esclusivamente al campo, giudice inflessibile nel segnare il confine tra campioni e comuni mortali, con buona pace della carta d'identità.

Un orizzonte probabilmente irraggiungibile per il Bel Paese, almeno fin quando non smetteremo di considerare come ragazzini alle prime armi giocatori che hanno già scollinato i vent'anni.

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