Una settimana horribilis figlia di provocazioni, voci arabe, biglietti e ultrà

Il germe del fallimento quando il tecnico disse che col mondiale i trofei erano 4

Una settimana horribilis figlia di provocazioni, voci arabe, biglietti e ultrà
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All'inizio fu il Triplete. Perché non bisogna mai dimenticarsi che i giornalisti sono esseri bizzarri, e sventolare loro sotto il naso le tre dita di un trionfo possibile («anzi quattro, c'è il Mondiale per club...») per rispondere a una provocazione sugli zero tituli, non è un gesto portafortuna. Chissà, forse tutto è cominciato lì. Ma se c'è un modo per preparare una partita così importante nel modo sbagliato in una settimana sbagliata, probabilmente l'Inter lo ha trovato. Troppe cose, dentro e fuori, non hanno funzionato. Troppe distrazioni hanno deviato la via sulla strada di Monaco, e lo schianto è stato fragoroso.

Numero 1: la questione biglietti In un'occasione del genere accontentare tutti è impossibile, fare infuriare molti la normalità. Eppure è mancata un po' di comunicazione (non sarà che ha pesato tagliare la parte corporate?): magari non è vero che ci sono state delle preferenze, ma chi glielo spiega a quegli abbonati dai tempi del tesserino di cartone che non hanno ricevuto il tagliando «destinato agli interisti più fedeli»? Dietro a un'ingiustizia, seppur inevitabile, resta sempre un sospetto, anche quando non c'è colpevole.

Numero 2: la questione ultrà Ovvero quelli che hanno reclamato il solito favoritismo questa volta impossibile, visto il periodo giudiziario. E che sono stati ricordati da Simone Inzaghi nella conferenza della vigilia, perché bisognava vincere per i tifosi, soprattutto per «quelli della curva che non ci sono». È vero, sono mancati (vedere punto 4). Però sull'argomento è evidente che tecnico e società non la pensano allo stesso modo.

Numero 3: il caso Inzaghi Troppe parole e troppi sussurri. Soprattutto quelli arrivati dall'Arabia, e non è bastato al Mister dire che fosse «assurdo parlare di certe cose ora». Il problema è: chi ha parlato? Sicuramente non suo figlio che gli fa da agente (sarebbe ancora più assurdo ed incredibile), ma intanto qualcuno ha aggiunto - magari volutamente - un granello di confusione in un ingranaggio che la confusione se la stava costruendo in testa.

Numero 4: il clima. Visto quanto sopra a Monaco, alla fine, tutto è stato freddo, quasi impalpabile. Per le strade e nello stadio i tifosi dell'Inter erano la maggioranza, eppure si sentivano solo quelli del Psg. E mentre loro esponevano coreografie e battevano sui tamburi, dall'altra parte si sventolavano bandierine tipo una festa di piazza. Certo: «Con tutti quei chilometri che ho fatto per te». Eppure...

In pratica: c'è da non dimenticare per il futuro.

Alla vigilia, ricordando la finale di Instanbul contro il City di due anni fa, dal presidente Marotta in giù erano tutti convinti: «Allora non eravamo preparati per un evento così, ma adesso...». Vista la settimana, per la prossima volta meglio farsi un nodo al fazzoletto.

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