Da stasera il tennis femminile tornerà ad essere nudo, è non è una questione sexy. È invece la scomoda verità che Maria Sharapova porterà in campo con sé a Stoccarda oltre alle sue racchette e al completino «Special Comeback» che celebrerà il ritorno alla sua professione principale 455 giorni dopo l'ultima partita giocata. Era in Australia contro Serena Williams, prima della squalifica di due anni per doping, diventata poi di 15 mesi per manifesta grotteschità della vicenda.
Ricomincia insomma il match di Sharapova contro tutti, ma in fondo è sempre stato così: lei bellissima, fredda e un po' altezzosa, contro colleghe e resto del mondo del circuito, pronte a rilevare con battute salaci e penne avvelenate l'eccessiva regalità con la quale spezzava le avversarie. Tutte tranne Serena Williams s'intende, l'altra faccia di un movimento che appunto da stasera metterà a nudo i suoi difetti. Perché se Serena a 35 anni e incinta (si è saputo poi) di un mese, riesce a vincere facile gli Australian Open nell'ennesima edizione di una finale contro la sorella più grande, chissà cosa potrà fare adesso una siberiana ritravestita da tigre e senza la rivale di sempre. E questo è il punto: negli ultimi 15 mesi Maria ha studiato ad Harvard, ha fatto uno stage nella Nba, ha moltiplicato il giro d'affari delle sue caramelle Sugarpova. E intanto si è allenata, mentre le tenniste in attività si affannavano per trovare una degna numero uno per gioco e carisma, restando alla fine senza gioco e carisma. E senza una vera numero uno. Basta vedere le tribune di un qualsiasi torneo Wta per accorgersene. Per dire: Serena Williams, appunto ferma per tutto il 2017, è stata rimessa in cima alla classifica dal computer. E Maria, ad oggi senza ranking, non farà fatica a ritrovarlo. Per questo le altre la temono. Anzi: la odiano. «Non capiamo il perché degli inviti che Stoccarda, Madrid e Roma le hanno fatto», il riassunto di parole al fiele alle quali Maria ha risposto con un «non capisco io: ho sbagliato, ho pagato. Mi lascino stare». Più sfumata la posizione di Roberta Vinci, proprio l'avversaria che battezzerà la seconda carriera della trentenne Sharapova, che a un «conosco Maria, è una brava persona» ha fatto seguire un «però non penso siano giuste tutte queste agevolazioni». Pochi (tra cui Djokovic) i felici di rivederla, molti i trucchi con cui i grandi tornei stanno trovando soluzioni di facciata per evitare di perderla: Parigi deciderà il 15 maggio su un'eventuale wild card ma pare che la soluzione sia di ammetterla alle qualificazioni sapendo che nessuno potrà fermarla. Per Wimbledon il problema non esiste: bastano 600 punti per andarci, in tre tornei il conto sarà fatto.
Così, dietro le quinte di questo brutto palcoscenico che ricorda la sala un po' sovietica dell'hotel americano in cui Maria annunciò la sua positività, resta però una vicenda confusa, alla quale nessuno più pensa: la Sharapova è stata qualificata per aver assunto meldonium, ovvero un farmaco anti diabete, diventato improvvisamente doping dopo anni di anonimato. Lei e il suo staff non hanno visto la mail di avvertimento e dunque ecco la punizione.
Prima domanda: Maria abita in Florida, serviva rifornirsi per forza di una medicina disponibile in Lituania e non di una equivalente acquistabile nella farmacia sotto casa? Seconda domanda: possibile che vista la lista degli atleti positivi al meldonium usciti nei mesi successivi in Russia siano tutti diabetici? Le risposte non arriveranno, perché da oggi Maria Sharapova torna a giocare e conta solo questo. Rassegnatevi, mondo.
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