N on è finita. Ma è come se lo fosse. La Juventus conquista il settimo scudetto consecutivo. Per il momento trattasi di titolo virtuale. Potrei scrivere, per provocazione pura, di scudetto di cartoncino, un ologramma che diventerà realtà a meno di catastrofi e di clamorosi colpi di scena che, in questo gioco bellissimo, non sono mai da escludere.
Il destino del football sa combinare scherzi perfidi a chi sogna la vittoria e si sveglia con le mani piene di polvere. La Juventus si ritrova quasi campione grazie all'aiuto delle tre nemiche di sempre: prima l'Inter, battuta a Milano, con annessi e connessi da repertorio storico, quindi la Fiorentina, che ha in odio a prescindere i gobbi ma ha frenato e scosso il Napoli tramortito dall'epilogo del Meazza, infine il Toro-Torino che ha stracciato, definitivamente, l'ultima speranza, detta speranziella, della squadra di Maurizio Sarri. Tutto in una sola settimana, come riassunto di una battaglia lunga e breve, di otto mesi. Un gusto amarissimo, dunque, per gli avversari e una torta di panna e zucchero per gli juventini che hanno temuto il peggio, rovinandosi da soli proprio contro il Napoli a Torino, per poi scoprire i tre regali inaspettati.
Si potrebbe pensare che quest'ultimo virtuale scudetto abbia lo stesso sapore e significato del primo, quello conquistato da Antonio Conte. Così assicurano le voci che arrivano dalla casa bianconera, così confermano alcuni protagonisti che hanno capito, sul campo, l'importanza di questa impresa, realizzata contro una squadra, il Napoli, che ha giocato come nessuna altra e ha imposto alla Juventus una marcia superiore ai progetti di avvio. Non ha mai entusiasmato, davvero e completamente, la Juventus di Allegri. Lo spettacolo, nel senso di un football armonioso, arrembante, rapido, non fa parte della filosofia dell'allenatore livornese che preferisce la sostanza alla forma, concetto confermato dall'analisi degli scudetti finora vinti a Milano e a Torino, in pochissimi anni e con eredità e tradizioni pesanti, da affrontare e sbrigare. Lo scudetto del Var, al suo debutto nel nostro campionato, fa parte di questo primato quasi esclusivo. Un primato che manda a noia il resto dei partecipanti, stanchi di vedere sempre gli stessi attori al centro del palcoscenico. Ma non è certo colpa della Juventus se, a parte il superbo Napoli di Sarri, il resto del plotone si sia sgranato in tentativi episodici, in polemiche zitellesche, nei soliti sospetti dei perdenti di successo o nel consueto alibi del fatturato (il Napoli li ha smentiti tutti). La Juventus che va a conquistare il suo titolo numero 34 o 36 (dipende su quale curva uno stia seduto) non è più una notizia. È diventata una regola, una tassa anche fastidiosa. Un minuto dopo la conclusione del campionato, il gruppo dei vittoriosi sarà capace di riprogrammare la stagione prossima, di disegnare il mercato, limitando i festeggiamenti a un giro di bollicine. Roba da azienda più che da sport ma questo è il nuovo calcio che sa restare antico nelle passioni, nel tifo, nella partecipazione di strati sociali di ogni tipo ed età ma si sta, anche, avvelenando oltre ogni logica e misura.
La Juventus campione virtuale parte per Roma dove dovrà affrontare prima la coppa Italia contro il Milan, quindi la partita, penultima di campionato, contro la semifinalista di Champions. Tutto è ancora da decidere. Dunque non è successo nulla. Ma tutti devono fare i conti la Juventus.
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