Simone, il re di coppe ci riprova sognando di fare come Herrera

Due finali in tre anni come il Mago che le vinse entrambe. Senza pensare ad Allegri

Simone, il re di coppe ci riprova sognando di fare come Herrera
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Due finali in tre anni. Ci aveva scommesso nella notte di Istanbul, con la speranza che dopo Istanbul, per parafrasare il motto dell'altra Milano, ci sia sempre Monaco. Simone Inzaghi si gode l'ennesima soddisfazione di una carriera che aspetta solo la ciliegina, ma in questa notte di festa non serve pensare ad altro. Ce ne sarà di tempo per studiare l'ultimo assalto, quello che potrà valere una stagione e una carriera. La sconfitta con il Manchester City non gli è ancora andata giù, ma sapeva che c'era un solo modo per digerirla dopo due anni: tornare a giocarsi la coppa più bella, riuscirci addirittura prima della squadra di Pep e degli emiri che due anni fa sembrava di un altro pianeta.

Due finali in tre anni, come pochi altri dalle nostre parti hanno saputo fare. Come il mago Herrera, per restare in casa nerazzurra, sperando almeno di raccogliere la metà del bottino di don Helenio, che ne vinse due consecutive prima di perdere la terza due anni dopo. O come Arrigo Sacchi che seppe imitare HH venticinque anni più tardi con il suo Milan stellare, anche se molti diranno che erano altre Champions, altre storie. E allora, se dobbiamo restare ai tempi moderni, due finali in tre anni come Max Allegri, sperando però di non emulare fino in fondo le due avventure di quella Juve che andò a schiantarsi contro il meglio del calcio spagnolo dello scorso decennio. Ben consci che questa volta tutte le spagnole hanno già lasciato la competizione e l'ultima è stata cacciata fuori proprio da Inzaghi. Certo, Capello e Lippi (3 finali in 3 anni) per non dire di Ancelotti (3 in 5 con due coppe vinte), restano ancora lontani, ma Inzaghi potrebbe anche essere sulla buona strada.

Perché se Simone ha rimesso in gioco lo scudetto, è in Europa che sta diventando infallibile. In fondo lui è un re di coppe: si è allenato molto in quelle italiane e adesso sta mettendo a frutto l'esperienza nella coppa più importante del mondo. Ci sono i tecnici che danno il meglio sulle lunghe distanze e poi perdono i nervi nelle sfide dirette, e ci sono quelli che sanno toccare i tasti giusti nelle partite secche, dove conta più avere la difesa più salda d'Europa, quella che l'ha portato fino a qui, piuttosto che disporre dei migliori funamboli ma con le spalle scoperte. Perché hai voglia a ricamare calcio, se poi, ogni volta che ti giri, prendi un gol.

Adesso questo eterno ragazzo che salta davanti alla panchina dal primo all'ultimo minuto, che viene

sempre messo sulla graticola non appena sbaglia una partita dopo tante vittorie, sa che dietro l'angolo dell'ultima notte di Champions può esserci la rivincita più bella. Perché dopo Istanbul potrebbe venire sempre Monaco.

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