Inter-Juventus non è mai stata una partita come le altre, basta sentire i racconti di chi ne ha giocate tante come Mazzola o come Bettega. Calciopoli non ha fatto che amplificare una rivalità che era già storia, ampliandone i confini oltre lo stesso calcio. E così, anche un incontro come quello di stasera, che nulla avrebbe di scontro, diventa occasione per lucidare un'ostilità sempre in superficie. Stadio gremito, record d'incasso: la tradizione va rispettata anche se in ballo non ci sono punti scudetto. Da una parte, in viaggio, gli 8 volte campioni d'Italia, con lo sguardo rivolto al futuro; dall'altra, in casa, gli eterni sfidanti, obbligati a preoccuparsi del presente, che più modestamente significa qualificazione alla prossima Champions.
Un anno fa (28 aprile), la notte di Orsato che fece vittima il Napoli prima dell'Inter. Polemiche a mille, decisivo Higuain (e l'arbitro). Prima di quella sera, Juventus avanti di 19 punti (85 a 66). Stasera la forbice è persino più ampia (26 punti: 87 a 61), eppure Spalletti è convinto di potersela giocare alla pari: «Negli scontri diretti la distanza tra noi e loro non è ampia come in tutto il torneo». Altri numeri malevoli, dicono però che negli ultimi 9 anni, solo una volta (2016) l'Inter ha vinto a San Siro contro la Juventus.
In tribuna, gli amici Marotta e Paratici e la loro decennale collaborazione; in panchina Spalletti che vuole restare all'Inter e Allegri che ha deciso di non andarsene dalla Juventus. «Presto incontro il presidente e pianificheremo la prossima stagione. Intanto, mi tengo stretta questa: la Champions è tanto bella quanto bastarda. Siamo arrivati ad aprile con troppi infortuni, non al massimo, ma ci siamo confermati tra le prime 8 squadre d'Europa, abbiamo un progetto». Il tecnico bianconero è stretto tra la necessità di provare uno spicchio di futuro (niente Primavera o riserve delle riserve, ma giocatori titolari utilizzati in ruoli diversi dai soliti) e quello di evitare brutte figure («siamo la Juventus: daremo il massimo possibile anche se abbiamo già vinto lo scudetto»). Quota 102 non gl'importa, per ora gli basta il quinto scudetto consecutivo, come nessun altro in Italia. E proprio pensando al sesto, oggi Emre Can gioca in difesa, come con l'Atletico Madrid, accanto a Bonucci e Chiellini. In mezzo al campo, al posto suo, va Cuadrado. Davanti, al fianco di CR7, gioca Bernardeschi (la mezzala del prossimo anno, se gli riesce il salto di qualità e continuità). L'idea è quella di arretrare la qualità per alzare il livello medio della squadra: un difensore con piedi da centrocampista e una mezzala con numeri da fantasista. Aspettando Ramsey e quelli che con lui arriveranno, per continuare a rincorrere il Sogno dalla grandi orecchie. Il futuro è oggi, ma evidentemente non Kean, che parte in tribuna e resta la soluzione d'emergenza per rimediare a eventuali errori altrui. Ronaldo vuole la classifica cannonieri, ma non sarà semplice.
Spalletti ritrova Brozovic («prezioso, perché fa correre il pallone») e rinuncia ancora a Icardi («meglio, forse per una volta non ci farà gol»: dice Allegri ricordando le 8 reti in 11 partite segnate dall'ex capitano alla Juventus).
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«E' un giocatore di livello, che sa prendersi le responsabilità», chiosa Spalletti, sempre in punta di piedi sul cornicione della panchina, nonostante altri due anni di contratto. «Io devo dare il meglio, l'Inter è giusto che cerchi di migliorarsi». Battere la Juverntus lo aiuterebbe a raffreddare l'intesa che Zhang sr. ha da mesi con Conte, ora attratto dal corteggiamento romanista.
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