Spalletti: "Mou scultore, io uno scalpellino...". E apparecchia la tavola

Oggi alle 12.30 nel menù c'è di nuovo la vetta. E l'allenatore fa capire che servono rinforzi

Spalletti: "Mou scultore, io uno scalpellino...". E apparecchia la tavola

nostro inviato ad Appiano G.

L'Inter ci ha preso gusto a stare in vetta. Fosse anche solo per qualche ora come potrebbe capitare oggi a pranzo battendo il Torino. Non sarà come nelle tre occasioni precedenti in cui i nerazzurri andarono a letto guardando tutti dall'alto al basso, ma il messaggio non cambierebbe poi di molto. E Luciano Spalletti non cerca alibi, diversamente da Maurizio Sarri che non ha mai digerito le partite a mezzogiorno: «Noi dobbiamo essere pronti a giocare a qualsiasi ora. E poi scendere in campo prima potrebbe rivelarsi un'insidia per gli avversari». Tradotto il messaggio alla squadra: continuiamo a mettere pressione. Quella che non dovrà sentire la sua squadra che comunque per l'allenatore ha già ampiamente dimostrato di saper sopportare: «Andiamoci cauti, ma ci sono state diverse partite in cui abbiamo confermato di avere le spalle larghe». Sarà anche per questa prova di solidità che l'Inter riempie clamorosamente San Siro nonostante l'orario e davanti a questa esplosione d'affetto Spalletti fa il sentimentale: «Gli anelli di San Siro sono come fedi di un patto d'amore tra noi e i tifosi». E in questo rapporto l'allenatore toscano in pochi mesi si è preso un posto privilegiato, conquistando clamorosamente il popolo nerazzurro. A suon di paragoni eccellenti: da Josè Mourinho a Giovanni Trapattoni. Ma il tecnico nerazzurro non ci sta, anzi si chiama fuori: «Io non sono di quel livello lì, la storia e le vittorie lo dicono. La squadra di Mou e Moratti è una scultura da ammirare, noi abbiamo solo preso in mano lo scalpellino. L'unica cosa in comune sono i tifosi: gli special 73.000». Spalletti cerca in tutti i modi di mettersi un passo indietro, in uno sforzo di umiltà che però non convince fino in fondo: «All'ingresso degli spogliatoi c'è un salvadanaio dove tutti mettono i complimenti personali che ricevono, poi a fine stagione si rompe e ce li si divide». Perché questa è una squadra che non può ancora sbilanciarsi, non è ancora il momento di fare certi discorsi come fece il Trap nella stagione dei record quando ad un certo punto lanciò l'assalto scudetto. «Prima dobbiamo essere sicuri di stare tra le prime quattro - spiega Spalletti -. Quando lo saremo, si può, si deve guardare oltre». Discorso che potrebbe riguardare anche quel mercato invernale sul quale potrebbe essere necessario intervenire per alimentare ogni tipo di discorso: «Lo vedono anche i dirigenti che siamo in pochi, ma non siamo ancora in grado di fare follie. Noi non vogliamo cambiare niente, ma se capita un'occasione sappiamo cosa fare». Intanto da quattro partite i titolari sono sempre gli stessi ed è la conferma indiretta di quanto sopra: «Non vedo perché stravolgere, ci sono dei tempi di maturazione e i segnali dicono che la strada è quella giusta. Noi non possiamo ancora buttare il cappello per aria». Quindi anche contro i «muscoli della storia del Torino, una partita che ci può mettere in difficoltà», si va verso la conferma degli undici titolarissimi. Se poi Perisic dovesse presentarsi a San Siro non in formissima, potrebbe toccare a quell'Eder fresco di rinnovo: «La società mi ha anticipato, volevo proporre io il rinnovo per uno che fa tre ruoli...». Lui come gli altri pronto «perché cambiando la qualità non ne risentirebbe». E comunque non c'è il rischio di un gruppo a due velocità assicura Spalletti: «Se uno si sente poco coinvolto, lo si prende e gli si dice quello che gli si deve dire».

A palla ferma è voluto tornare sul caso Anna Frank perché «certe cose dette fuori dal contesto della partita, hanno un peso diverso». E poi oggi dopo la partita c'è da mettersi a tavola al primo posto. L'Inter sa come si fa.

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