«There are moments worth living. It's worth playing football». Ci sono momenti che vale la pena vivere. E vale la pena giocare a calcio. Se poi, con la maglia del Borussia Dortmund, segni quattro gol al Real Madrid nella semifinale di Champions, entri dritto nella storia del calcio e puoi magari anche permetterti di dire una piccola bugia del tipo «non so nulla di un mio passaggio al Bayern Monaco». Bene, bravo, bis: Robert Lewandowski, la cui massima iniziale campeggia sull'home page del proprio sito, rappresenta la sintesi di quello che il calcio italiano vorrebbe ma non sa più essere. Perché è vero che, come ha detto Antonio Conte in tempi recenti, «non è importante arrivare per primi su un giocatore, ma sono fondamentali i soldi che hai per prenderli»: se però si arriva tanto per primi, come la stessa Juventus ha per esempio fatto con Pogba e per certi versi anche con Vidal (pagato 11 milioni, oggi ne vale almeno il triplo), allora i soldi possono essere relativamente importanti.
Lewandowski - 24enne polacco di Varsavia, papà ex judoka e mamma pallavolista - è stato infatti pagato tre anni fa meno di cinque milioni dalla società giallonera: su di lui avevano messo gli occhi anche il Napoli, l'Atalanta e soprattutto il Genoa, che se lo era anche portato al Ferraris salvo poi diffondere addirittura un comunicato stampa in cui si smentiva di avere raggiunto alcun accordo per il suo trasferimento, manco ci fosse stato da vergognarsi.
Come non detto, allora: salutato il Lech Poznan, meglio approdare nella tedesca Dortmund, «dove i polacchi si ambientano con più facilità che non in Italia», ha precisato ieri Pierpaolo Marino, all'epoca ds del Napoli e oggi all'Atalanta. Con tanti saluti al Bel Paese dove comunque hanno continuato a seguirlo. La Juve in effetti ci ha provato, l'anno scorso: respinta con perdite, pare anche a causa dello scarso appeal del nostro campionato per uno che si è abituato a buttarla dentro davanti agli 80mila spettatori di un Westfalenstadion sempre esaurito al pari di quasi tutti gli altri impianti della Bundesliga. A parte Lewandowski - cui ieri Boniek ha anche imprestato il titolo di «Bello di Notte» ricevuto dall'avvocato Agnelli -, il problema sono però a volte le valutazioni eccessive che il nostro calcio dà a giocatori non di livello assoluto: rimanendo alla Juve e al suo attacco, Quagliarella è stato pagato 15 milioni (agosto 2010), Matri 18 (gennaio 2011), Vucinic 15 (agosto 2011) e, per ricomprarsi la metà di Giovinco, Agnelli & C. hanno sborsato dieci mesi fa la bella cifra di 11 milioni e chissà se oggi si stanno mangiando le unghie pensando che nello stesso periodo il Bayern Monaco ne versava 13 al Wolfsburg per assicurarsi il croato Mandzukic. Pure quest'ultimo era finito sotto la lente di ingrandimento bianconera, ma alla fine non se ne era fatto nulla salvo poi vedere le streghe nel doppio confronto contro i bavaresi. I quali hanno sì un fatturato molto più solido di quello bianconero (368 mln contro 195), ma non per questo gettano soldi dalla finestra.
Quanto al Borussia Dortmund, gli applausi sono ancora più meritati: nel 2006 non c'era più un euro in cassa e il passivo ammontava a 140 milioni: oggi - dopo un prestito provvidenziale da parte della Morgan Stanley che ha permesso al club prima di sopravvivere e poi di ripartire - il fatturato è pressoché identico a quello bianconero (198 mln), la rosa di Klopp ha un'età media tra le più basse d'Europa (24,6 anni) e la finale di Champions è dietro l'angolo. Se poi Lewandowski andrà al Bayern insieme al suo compagno Gotze, non è comunque detto che la favola debba finire.
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