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Steven-Andrea gli "amici" e la sindrome cinese

Prima della finale di coppa Italia i due si sono rivisti, progettato business per il futuro (si dice sempre così), rinsaldato l'amicizia

Steven-Andrea gli "amici" e la sindrome cinese

Converrà che Andrea Agnelli si tenga sempre un paio di cornetti in tasca e, se all'orizzonte si profila Steven Zhang, cominci a toccarli. Non che debba vedere il giovin presidente interista come jettatore, tutt'altro: sono pure amici. Ma sarà un caso se ogni incrocio porta qualche fitta al cuore al presidente bianconero? Come pensarla diversamente? La sindrome cinese avanza nell'ombra ma avanza.

Non ombre sulle pareti, ma buchi neri nel pedigrèe calcistico. Zhang si è affidato al miglior regista dirigenziale, ovvero Beppe Marotta. E fin qui solo Agnelli può far mea culpa. Ma, intanto, l'anno scorso l'Inter ha messo la Juve nell'angolo: scudetto a me, sberleffi e problemi a te. Direte: inevitabile accadesse dopo tanti anni di dominio. Però, tra un sorriso e l'altro, Zhang si è affidato ad Antonio Conte, un caro nemico di Agnelli. Nel mercato gli ha soffiato qualche idea e qualche attaccante. Anzi, lo ha lasciato affogare con un Ronaldo sulle spalle dimostrando che si può vincere spendendo meglio. Eppure i due si vedono, si sentono, si nasano, hanno cercato di trascinare i club verso un lido più danaroso: peccato che Agnelli sia rimasto legato all'idea-Superlega e Zhang se ne sia velocemente distaccato.

Ad Agnelli sono rimasti i problemi, invece l'altro ha cominciato a farla da padrone nelle sfide nostrane. E mercoledì sera gli ha già detto: non è finita qui. L'Inter ha beffato la Juve con un autogol di Alex Sandro in Supercoppa, poi Calhanoglu ha chiarito i rapporti nel rigore decisivo dell'ultima sfida di campionato.

Prima della finale di coppa Italia i due si sono rivisti, progettato business per il futuro (si dice sempre così), rinsaldato l'amicizia. Agnelli, non un sosia, giorni fa si era spinto a dire che l'Inter gli sta comunque simpatica. Ed infatti l'altro lo ha ripagato soffiandogli la coppa e rinsaldando la negatività gestionale: dopo 10 anni Juve senza trofei. Ora a pensar male si fa peccato, ma talvolta ci si prende.

E come dice il proverbio: prima di scegliere l'amico bisogna averci mangiato il sale sett'anni.

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