Vittorio Macioce
nostro inviato a Rio de Janeiro
Tutti gli dei questa sera sono qui, quelli buoni e quelli di cui non ti puoi fidare, quelli riconosciuti e quelli invisibili, stranieri, miscredenti. Sono arrivati da tutte le strade di Rio, dal ventre e dalla fogna, dalla città segreta e da quella murata, come una processione scombinata, baraonda di volti nella notte, chi arrancando, chi muovendo il culo grasso sotto un vestito d'oro, chi le gambe nude e le infradito, chi bestemmiando, perché l'allegria è una pianta capricciosa, fa poca ombra e dura poco, e chi come Teresa Batista è stanca di guerra. Questa è la notte senza Pelé, troppo malandato per illuminare l'allegria e così i brasiliani salutano tutti i re tranne uno, il loro. È come uno strappo con la religione popolare. È rinnegare il calcio è essere rinnegati. Questa è la notte che si porta via l'innocenza del villaggio olimpico. È la malastagione di Hassan Saada, che se ne è andato dai giochi in manette con l'accusa di aver tentato di stuprare due cameriere. Perché c'è sempre qualcuno che vede nei sorrisi del Brasile un segno di resa.
Questa è la notte dove tutto è possibile. La fiaccola si accende dal mare e illumina il porto, di fronte alla chiesa della Candelaria. Rio è ancora bella, Rio è leggera, Rio vuole solo santificare la festa. Alô, alô, Realengo - aquele abraço! Alô, torcida do Flamengo - aquele abraço. Todo o povo brasileiro - aquele abraço!. Luiz Melodia muove le trecce nere e gli occhi da Ifà, sguardo da oracolo e adesso tocca ai vecchi padri, tocca a Gilberto Gil e Caetano Veloso. Il Maracanà è un tempio sospeso su un crocicchio, è casa di Santos e Orixàs, perché questa notte è la festa del sincretismo, qui si svela il Candomblé, perché la natura è un'anima e racchiude tutte le sfumature dell'universo. Quanti nomi ci sono per chiamare Dio?
I giochi, si sa, sono un inganno, sono l'immagine capovolta del mondo, sono quello che non siamo e non riusciamo ad essere, sono senza frontiere e senza confini, dove la paura ti passa se ti inebri di allegria, dove ogni Corea assomiglia all'altra e i muri si aprono con una parola magica. E anche questa notte come tutti i riti sacri consuma un'illusione. Come in una poesia di Adélia Prado: «Un tempo io diventavo angelo. La mamma mi metteva il vestito, le ali, mi infilava la corona sulla testa e raccomandava: Canta, spiccica bene le parole Io mi alzavo in volo strada facendo». Lo vedi allora salire sul cielo del Maracanà, il 14 bis di Santos Dumont, il pioniere, l'aviatore, che ha fatto credere ai brasiliani di poter volare.
Ma Rio questa notte, e le altre, è pure il terreiros, il cantiere, dove si fanno i giochi del mondo. Perché per ogni Dio qui c'è una confraternita di spie che lo controlla. Rio come il grande gioco, dove l'Iran gioca a scacchi con Israele e gli americani non si fidano di nessuno e gli europei si fanno concorrenza tra loro, ognuno giocando in nome dell'Europa i propri affari.
Non è mai chiaro quello che accade sotto il braciere di Rio. C'è un vice console russo che risponde alle aggressioni di un malvivente, difendendo moglie e figlia sedute in auto. Finisce con la morte del brasiliano, ucciso da un colpo partito dalla sua stessa pistola. Il russo si chiama Marcos Cesar Feres Braga. Ma non si sa neppure se sia un nome vero. I russi, al consolato, smentiscono tutto e dicono di non conoscere questo signore. La polizia brasiliana ribadisce che la storia è vera. L'unica cosa certa è che il signor Braga ha coraggio e prontezza di riflessi ed è un maestro di Jiu-Jitsu. Tutti sono convinti che sia una spia.
Adesso però tutto questo non conta. Rio canta e canta e muove e balla la sua voglia di strabordante allegria. La speranza è che vada avanti fino al mattino. Come raccontava Jorge Amado: «Quel desiderio è smisurato perché è senza speranza».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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