Il "suicidio" del Napoli: niente rinforzi a gennaio e crollo dei titolarissimi

Nelle ultime 8 gare due soli gol del tridente. Silenzio assordante del patron De Laurentiis

Il "suicidio" del Napoli: niente rinforzi a gennaio e crollo dei titolarissimi

Napoli - Il giorno dopo Napoli è più delusa che arrabbiata. D'accordo, la spintarella arrivata da Orsato sabato sera via Milano è stata notevole e ha accompagnato la squadra sull'orlo del precipizio ma il resto, ovvero il suicidio, l'hanno compiuto Sarri e i calciatori. Geniale il tifoso che è entrato in uno store di magliette da calcio chiedendo se fosse disponibile quella bianconera di Orsato, a mente fredda ha prevalso l'ironia e lo sfottò. Deboli di carattere gli azzurri, invece, che ancora una volta non hanno saputo ovviare alle difficoltà impreviste, accusando il colpo: accadde una cosa simile quando Dybala a dieci secondi dalla fine firmò la vittoria contro la Lazio e il Napoli subito dopo contro la Roma, si fece battere al San Paolo. Sabato sera l'esito di Inter-Juve ha condizionato e non poco l'umore della truppa azzurra, scesa in campo a Firenze in condizioni fisiche e mentali pietose. Con un dato su tutti: il calo di gol nelle ultime otto giornate e il tridente leggero, per mesi arma letale di Sarri, che si è fermato a due soli gol.

Ma battere sempre sullo stesso tasto non corrisponde in pieno al vero. Perché il Napoli non ha fatto il suo dovere al Franchi, quello cioè di vincere e tenere in piedi il discorso a prescindere dalle avventure e disavventure degli altri? «Proviamoci fino alla fine, non molliamo», sono state le uniche parole di Insigne, scontate, che fanno tenerezza e chissà se saranno di aiuto per tirare su il gruppo. «Per me non è ancora finita», ha messaggiato Milik, ma il sentimento non corrisponde alla ragione. C'è chi è rimasto su posizioni rigide, ad esempio il sindaco de Magistris: «Sono orgogliosamente napoletano nella gioia e nel dolore, con i nostri difetti e i nostri pregi. Siamo stanchi delle ingiustizie, ci riprenderemo tutto quello che ci avete tolto e conquisteremo quello che ci spetta, nulla di più di ciò che abbiamo diritto. Abbiamo grande cuore e umanità, loro invece si sentono forti e potenti rubando, con furti di Stato e di calcio. Ci riprenderemo il maltolto senza il cappello in mano, con la schiena diritta e con la lotta, abbatteremo i palazzi dei corrotti e conquisteremo i nostri traguardi», il proclama del «Che Guevara» napoletano, quasi un invito alla rivoluzione piuttosto che la delusione di un tifoso privato del sogno comune.

Assordante il silenzio del club, su tutti quello di Aurelio De Laurentiis. Assente al San Paolo, a Torino e a Firenze, muto dopo i fatti di San Siro che comunque hanno penalizzato la squadra, non s'è fatto vedere nella settimana decisiva per lo scudetto. Un distacco voluto più che forzato, perché in un momento del genere atteso da trent'anni non possono esserci impegni cinematografici che tengano: non c'è mai stato grande feeling tra il presidente e questo spogliatoio, intervallato da un solo tweet formale di complimenti dopo l'impresa di Torino. I tifosi ora addebitano al patron le cause principali del mancato titolo in un'annata nella quale si erano poste le basi per una vittoria: Maurizio Sarri a gennaio era primo in classifica e invocava rinforzi, non è arrivato nessuno.

È uno dei motivi per i quali ancora non è stato prolungato il contratto dell'allenatore - ora lo «scudetto» da conquistare potrebbe essere convincere il tecnico a non lasciare la panchina azzurra - al quale il massimo dirigente porrà comunque qualche domanda: perché un crollo fisico così evidente nel momento clou della stagione, coinciso subito dopo aver mollato le Coppe? Perché si è insistito su elementi (Mertens su tutti) chiaramente alla frutta? Interrogativi che sanno già di futuro perché a prescindere dal sogno svanito, a Castel Volturno sta per partire una mezza rivoluzione. Che non è quella immaginata dal sindaco.

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