SuperPippo lancia il suo Pazzo erede: «È il nuovo Inzaghi»

«Mi auguro che sia lui il nuovo Inzaghi. Anche perché è un ragazzo molto serio e per bene e glielo auguro con tutto il cuore. Firmato Pippo Inzaghi». Adesso che c'è la benedizione apostolica dell'ex papa rossonero, appena passato dall'area di rigore alla panchina degli allievi, Giampaolo Pazzini può andare incontro alla sua prima settimana di estasi milanista con lo stile del ragazzo serio e per bene, come sostiene SuperPippo che evidentemente lo conosce bene in pubblico e nel privato.
Già perché le prime espressioni utilizzate dal Pazzo, pronunciate con l'adrenalina in circuito, quindi non preparate e mitigate dalla ragione, offrono la clamorosa differenza rispetto all'acido sparso a piene mani da Cassano. Dell'Inter nessun cenno diretto. «Chi ci ha guadagnato tra noi e l'Inter nello scambio tra me e Cassano? Non mi interessa, è un bel segnale per me e chi ha sempre creduto in me, venivo da mesi difficili. Sono soddisfatto perché non giocavo da mesi, non ho disputato neanche un'amichevole eppure sono arrivato fino in fondo» la sua didascalia alla prima impresa balistica della stagione. Che riesce a far dimenticare le cattive notizie provenienti da Bologna. Che non sono il massimo della vita: Montolivo afflitto da uno stiramento (due settimane di stop) e Boateng con una frattura al metacarpo della mano destra (dev'essere operato oggi, rientro previsto dopo la Nazionale contro l'Atalanta).
Che Pazzini abbia la testa giusta oltre che la lingua educata, lo conferma anche la sua risposta alla segnalazione immediata fornita da Adriano Galliani, lesto nel proporre il paragone, impegnativo, molto impegnativo, con Pippo Inzaghi appunto. «Magari riuscissi a fare la metà della metà della carriera di Pippo» la sua chiosa che non sa solo di perfetta diplomazia ma di sano realismo. Perché le cifre, incastonate nella storia, di Inzaghi sono irragiungibili e perché il triplete di Bologna è solo il primo raggio di sole di una stagione cominciata con un freddo intenso: sconfitta domestica con la Samp, frattura tra club e tecnico, pessimismo diffuso dalle parti di Milanello.
«Sono soddisfatto del lavoro svolto sul mercato» è la frase del rilancio utilizzata da Adriano Galliani che non dimentica lo scetticismo attraversato nelle settimane precedenti e invece adesso gongola anche perché «quando il Milan vince anche il presidente Berlusconi dimentica i piccoli dolori dovuti alla caduta».
Di sicuro Pazzini è quel di cui ha bisogno il Milan e anche Allegri non tanto perché sia in qualche modo riconducibile al talento e alla forza ciclopica di Ibrahimovic: ma sono i gol e i risultati di Pazzini e magari di qualche altro esponente, che possono offrire ad Allegri il tempo necessario per allestire una squadra capace di allestire calcio piacevole ed efficace. Con l'inserimento dei nuovi che può avvenire senza scossoni, come accaduto già con De Sciglio, con lo stesso Acerbi promosso a pieni voti dopo l'esibizione-debutto di Bologna che premia anche la scelta del tecnico livornese. Non ancora con De Jong apparso spaesato, a buon motivo, appena arrivato al posto di Montolivo e sistemato in una zona del campo che di solito non gli appartiene, interno destro.

Non ancora con Bojan, ieri mattina passato dal ritiro della Roma per salutare i suoi vecchi sodali. Grazie agli infortuni di Pato e Robinho e per via della falsa partenza di El Shaarawy, nelle prossime puntate, può giocarsi le sue carte per guadagnarsi il credito di cui dispone presso Allegri.

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