Stremato, febbricitante, ma alla fine - come da pronostico - vincente: Carlo Tavecchio resta alla guida della Figc per altri 4 anni dopo aver sconfitto Andrea Abodi, 54,03% contro 45,97% dei voti al terzo scrutinio. Il primo si era concluso 56,49 a 42,92 per il presidente uscente, che ha tremato un po' solo quando al secondo il distacco si era ridotto a 53,7 contro 45,41. È un margine molto meno netto di tre anni fa e rende il suo secondo mandato più difficile, ma alla fine del lungo «election day» Tavecchio può concedersi un momento di commozione ringraziando la famiglia e il fratello malato.
Che non ci sarebbero state sorprese lo si è capito fin dalla mattina, quando inaugurando la serie delle dichiarazioni di voto il presidente dell'Aia Nicchi si è schierato dalla parte di Tavecchio. Il voto degli arbitri (che nel 2014 andò ad Albertini) pesa per il 2% ma in una situazione di equilibrio è stato il vero ago della bilancia: «Fino a ieri non avevamo preso posizione - ha spiegato Nicchi -, ma abbiamo deciso di sostenere che ha fatto bene e si ricandida». Ai fischietti è piaciuto in particolare che la Figc non gli abbia fatto mancare un euro nonostante i tagli del Coni, il progetto Var, le norme antiviolenza e il fatto che Tavecchio si sia speso per trovargli uno sponsor.
Abodi ovviamente ci è rimasto molto male: «C'è amarezza perché quel 2% doveva rimanere sacro e invece psicologicamente ha inciso. Inoltre è mortificante che Nicchi non abbia mai nominato né il secondo candidato né la Lega di B e tutta la collaborazione data al corpo arbitrale in 6 anni e mezzo». La verità è che il mondo del calcio si è spaccato a metà: con Tavecchio si sono schierati la Lega Dilettanti (decisiva col suo 34%), gli allenatori, gli arbitri e moltissimi club di serie A tra cui la Juve, mentre Abodi ha avuto dalla sua la Lega Pro, i calciatori e la maggioranza dei club di serie B.
«Sono deluso perché i voti decisivi per la rielezione sono arrivati dagli allenatori e degli arbitri», ha detto il presidente dell'Assocalciatori Damiano Tommasi che nel suo discorso aveva tuonato contro «le catene che legano alcune persone alle poltrone»; gli ha risposto a stretto giro di posta Renzo Ulivieri sostenendo che «non basta essere giovani per improvvisarsi rivoluzionari». E poi c'è l'ombra del tessitore Lotito, che dopo aver portato dalla parte di Tavecchio diverse società ieri ha fatto un ultimo tentativo anche con Baldissoni: infruttuoso, la Roma è rimasta con Abodi fino alla fine. «Tavecchio ci soddisfa, ma ora sia indipendente...», il messaggio dell'ad della Juve. Pur senza citarlo, è chiaro il riferimento al patron della Lazio.
Insomma, se il presidente uscente della Figc ha saputo guadagnarsi la riconferma soprattutto con le sue ottime mosse a livello internazionale (è salito sui carri vincenti di Infantino e Ceferin e lo ha fatto al momento giusto) ora il suo problema è quello di ricompattare il movimento.
Lo ha chiesto espressamente il presidente del Coni Malagò che poi ha bacchettato la Lega di A: «Entro il 15 marzo deve avere un nuovo presidente, anche perché la Figc ha un consiglio federale la cui rappresentanza in questo momento è zoppa e questo non è corretto». Il commissariamento della Confindustria del pallone potrebbe così essere il primo atto del Tavecchio-bis.
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