Te la do io l'Europa, il Brasile riprende i suoi campioni

Il titolo di campione del mondo appena conquistato, lo stadio ultra-moderno e di proprietà da inaugurare, il portafogli gonfio e la carica di ben 33 milioni di tifosi alle spalle. L'epidemia corinthiana, come la chiamano nei sobborghi di San Paolo, non è un virus di passaggio. Perché il Corinthians oggi è davvero un Timão, uno squadrone a livello intercontinentale. Con progetti seri e definiti anche per il futuro. Pato ha scelto di ricominciare da lì, lasciando la vetusta (ma un po' decaduta…) nobiltà rossonera per la fresca gioventù paulista. In Brasile il suo trasferimento è stato accolto con trepidazione: mai una squadra locale aveva speso così tanto (15 milioni di euro, record per il mercato in entrata) per riportare un giocatore in patria. In Italia storceranno il naso, ma se si fanno bene i conti, non è detto che quello del Papero sia un passo indietro nella carriera di un calciatore. Soprattutto a 23 anni.
Da fabbriche di campioni da esportare in Europa a multinazionali del pallone con un discreto potere d'acquisto sul mercato. Proprio il caso Pato insegna: le squadre brasiliane non sono più quelle di una volta. Ora fanno shopping qui da noi e se hanno delle stelle in casa se le tengono, a meno di offerte dissennate (vedi Lucas al Psg dal San Paolo per 43 milioni di euro). La rivoluzione del calcio verde-oro passa da bilanci in ordine e un'economia in costante crescita che foraggia di reais le casse dei club. Non a caso il fatturato complessivo del Brasileirão ha registrato un'impennata del 37% dal 2010 al 2011, in attesa dei dati sul 2012, che saranno comunque positivi. Nello stesso lasso di tempo, il peso degli introiti derivanti dalle cessioni di giocatori è sceso dal 27 al 15%. Insomma, in Brasile si vendono meno campioni, ma i soldi aumentano. L'esatto contrario di ciò che accade in Italia.
Eppure solo cinque anni fa, proprio nei giorni in cui il Papero debuttava con il Milan in Serie A, il Corinthians piangeva per la clamorosa retrocessione in seconda divisione. Colpa di una finanza un po' troppo creativa e dei dissidi tra la dirigenza e la Media Sports Investment, il fondo di Kia Joorabchian (il procuratore di Tevez e amico di Adriano Galliani) che si era di fatto assicurato il controllo del club sfruttando la situazione d'emergenza delle casse corinthiane nelle stagioni precedenti. La rinascita è stata lenta, ma fruttuosa. Nel 2008 è arrivata subito la promozione, festeggiata con l'acquisto di Ronaldo. Poi nel 2011 il titolo di campione nazionale, impreziosito dal successivo trionfo in Copa Libertadores. L'apoteosi al Mondiale per Club, quando Guerrero ha abbattuto il Chelsea davanti ai 30mila supporter brasiliani giunti in Giappone per l'evento.
I successi non sono certo frutto del caso. Durante la scorsa estate il Corinthians ha resistito alle pressioni dei club europei trattenendo il centrocampista Paulinho, che tanto piaceva pure all'Inter. Mentre il bilancio al 31 agosto rendeva noto come le entrate derivanti dai biglietti (oltre 10 milioni di euro) avesse già superato quelle di tutto l'anno precedente. E per dicembre 2013 è attesa l'apertura dell'Arena Corinthians, un impianto da 48mila posti a sedere, che ospiterà la gara inaugurale del Mondiale brasiliano. All'interno avrà addirittura una discoteca con vista sul campo da oltre 1500 posti, con tanto di bar e ristoranti.

Un investimento da 300 milioni di euro alimentato da prestiti di banche pubbliche e finanziatori privati, tra cui la Nike, sponsor tecnico del Timão. E guarda caso pure di Pato. Ancora sicuri che il Papero abbia fatto la scelta sbagliata?

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