Torino - Campionato in ghiaccio, così pare. Al punto che l'esultanza messa in scena da Conte quando Matri ha segnato il momentaneo 2-1 contro il Cagliari potrebbe tranquillamente essere attribuita, più che alla soddisfazione per una partita in più vinta, alla consapevolezza di avere sorpassato la Juventus di Capello dell'anno solare 2005. «Basta vedere quella rosa per capire cosa stiamo facendo - gongolava Conte nella pancia del Tardini -. Lo devo ribadire? Una stagione straordinaria, super. Eccezionale, anzi, se ci ricordiamo di essere partiti da due settimi posti». E se qualcuno se lo fosse dimenticato, Conte glielo ricorda spesso per non dire spessissimo. Orgoglioso del suo lavoro e della sua creatura, difesa a spada tratta sempre e comunque. Capace di avere chiuso la passata stagione imbattuta - eccezion fatta per la finale di Coppa Italia - e di avere già fatto capire a tutti che anche per quest'anno in Italia non ce n'è per nessuno.
Piccolo riassunto, allora: quella Juve di Capello aveva conquistato 93 punti in 39 partite (29 vittorie, 6 pareggi e 4 sconfitte) e aveva in Trezeguet il suo miglior realizzatore (20 gol), questa di Conte ne ha collezionati 94 in 40 (28 successi, 10 pareggi e 2 ko) ma la minima percentuale di differenza non ne sminuisce certo l'impresa. «Loro erano una squadra già abituata a vincere, zeppa di campioni e campionissimi. Noi ci stiamo abituando a farlo». All'epoca - e al netto da calciopoli, che avrebbe poi spazzato via i due scudetti vinti da Don Fabio - vestivano il bianconero tra gli altri Emerson, Thuram, Nedved, Ibrahimovic, Cannavaro, Vieira, Del Piero, Trezeguet e Buffon, unico superstite di quel gruppo. Nel 2004-05 Chiellini giocava infatti nella Fiorentina, mentre Marchisio era un giovane di belle speranze: una vita calcistica fa, insomma. Con la Juve poi sprofondata in serie B e in crisi di tutto, fino all'arrivo di Andrea Agnelli prima e di Antonio Conte poi. In mezzo, Beppe Marotta e il suo staff. Risultato: uno scudetto e mezzo vinti, la Supecoppa italiana, la qualificazione agli ottavi di Champions League e un rosso di bilancio tornato a livelli quasi umani (49 milioni) ma in netto miglioramento proprio grazie ai recenti risultati.
Motivi per rammaricarsi non se ne intravedono nemmeno, così come il Celtic non pare squadra attrezzata per dare fastidio alla Signora quando a febbraio risuonerà la musichetta della Champions. Nel frattempo l'Inter è sprofondata a meno 9 e le pur brave Lazio e Fiorentina difficilmente reggeranno il ritmo indiavolato dei bianconeri. I quali, con Vidal capocannoniere nell'anno solare (10, di cui due su rigore), se ne infischiano anche della mancanza di un attaccante da venti gol a stagione e marciano come nemmeno avrebbero immaginato: 6 punti in più rispetto al 2011-12, con 10 reti in più all'attivo e una in meno al passivo. L'anno scorso la concorrenza sosteneva che la Juve fosse facilitata in campionato dalla mancanza degli impegni infrasettimanali: adesso che gli impegni ci sono stati, la musica però non è cambiata e anzi. «È tornata la solita Juve, con il suo dna fatto di grandissime motivazioni e fame di vittoria - ha detto ieri Lippi a Sky -. Conte ha dimostrato di avere una preparazione tecnico-tattica di ottimo livello, ma soprattutto di possedere la juventinità che l'ambiente richiedeva».
Semplicistica o no, è un'analisi che ci sta perché corroborata da risultati eccezionali.
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