ìDiego Nargiso è di casa a Torino: qui si è allenato ai tempi in cui difendeva i colori dell'Italia in Coppa Davis, qui oggi è apprezzato commentatore di Supertennis nonché Senior Sport Manager del Politecnico.
"Questa è una città che strada facendo ha scoperto di poter essere una meravigliosa sede universitaria: stiamo lavorando per far sì che diventi la capitale dello sport accademico. Con equilibrio e senza eccessi, vivendo lo sport come mezzo per formare cittadini di primo livello".
Oggi si concluderà un'edizione record anche per la Federazione: come si è arrivati a questo punto?
"L'Italia è diventata un modello da copiare e il progetto va avanti da una ventina d'anni, non c'è nulla di improvvisato: dalla televisione in chiaro, che ha avvicinato migliaia di persone al nostro sport, alle decine di tornei organizzati in giro per il Paese che aiutano i ragazzi a non andare in giro per l'Europa dovendo sostenere costi proibitivi. In più, la scuola maestri funziona benissimo e forma educatori che permettono ai ragazzi di crescere nel loro ambiente".
Ai suoi tempi non era così?
"No. Quando ero ragazzo io, a 14 anni i più bravi andavano nei centri federali rischiando così di perdere punti di riferimento importanti nella loro crescita. Adesso la crescita umana va di pari passo con quella tecnica: non è un dettaglio da poco. È poi ovvio che, intorno ai 16 anni, i più meritevoli possano poi spiccare il volo anche lontano da casa".
Il dualismo Sinner-Alcaraz non rischia di diventare limitante e noioso?
"Per nulla. Avere due giocatori del genere non è per nulla banale, godiamoceli e basta. Qualcuno prima o poi si inserirà: basti pensare che Djokovic, arrivato al vertice dopo Federer e Nadal, ha poi vinto più titoli Slam degli altri due".
Quali secondo lei i nomi più accreditati?
"Fonseca, ma non solo. Shelton per esempio è nel circuito da appena un paio d'anni, dal momento che prima giocava nelle università americane: ha enormi margini di miglioramento. E poi ovviamente Musetti, i cui mezzi tecnici non sono inferiori a nessuno".
Quali altre grandi rivalità l'hanno personalmente appassionata?
"Biaggi-Rossi nel motociclismo, Johnson-Lewis nell'atletica e Ronaldo-Messi nel calcio: le rivalità aiutano a crescere, sempre. Sinner e Alcaraz incarnano la perfezione del campione che vuole vincere, ma con rispetto e stima dell'avversario: sono valori che dovrebbero arrivare alla società civile".
Nei prossimi giorni ci saranno le finali di Coppa Davis e l'Italia le affronterà senza i suoi due top ten: non è un peccato?
"Se non si conoscono certi meccanismi, non li si capisce. Gli addetti ai lavori sanno cosa c'è dietro una scelta del genere e non c'è altro da aggiungere perché nessuno prende alla leggera una decisione del genere. Per essere chiaro: il tifoso Diego è dispiaciuto che Sinner e Musetti non vadano in nazionale, ma Nargiso ne comprende le ragioni".
Sarà un'Italia comunque competitiva?
"Senza dubbio. Ai miei tempi, senza top ten, disputammo una finale e due semifinali: non ci manca nulla per sognare ancora".