Torniamo senza oro e ci riscopriamo poveri

Ce ne andiamo senza oro come non accadeva dai giochi del 1980 a Lake Placid, ma se li ascoltate i nostri azzurri vi diranno tutti che fanno davvero fatica a pattinare, sciare, scendere con una slitta o con il bob, a saltare dal trampolino

Carolina Kostner incanta a Sochi
Carolina Kostner incanta a Sochi

Ci manca l'oro in questa Olimpiade bianca sul mar Nero, ma forse sarebbe meglio dire che allo sport italiano in generale manca un po' tutto. Soffriamo il freddo, la neve marcia, sbattiamo la testa contro le nostre molte medaglie di legno, ma non va meglio altrove se giriamo su un dirigibile per guardare nel cuore del sistema dove giustifichiamo tutto con la crisi economica, ma in generale facciamo una grande confusione perché chi domina investe nella ricerca, va a cercare i migliori per allenare, prende naturalizzati che fanno diventare glorioso il medagliere come è capitato ai russi che fanno volare sotto i loro colori l'ex sudocoreano Viktor An scheggia dello short track.

Da Sochi ce ne andiamo scuotendo la testa, pensando che il domani non sarà migliore salvo forse per il biathlon, con un presidente degli sport invernali che fa lo stesso ragionamento della povera atletica leggera: investiremo soltanto sugli atleti da medaglia. Bravi. Il problema è la base come potrebbero spiegare piagnucolando quelli del rugby, come potrebbero fare calcio, basket e la stessa pallavolo che in Europa prendono schiaffi a ripetizione, salvo casi rarissimi.
Via dalla Russia con dolore anche se abbiamo vinto più medaglie, otto questa volta, rispetto al flop di Vancouver 4 anni fa (5), ma se le pesi davvero queste conquiste ti rendi conto che 5 le hanno portate due atleti, Innerhofer unica ancora per lo sci alpino, e la pasionaria Fontana nello short track, mentre i due bronzi nobili li hanno conquistato due fuoriclasse come il nostro portabandiera Armin Zoeggler re dello slittino, ma deciso al ritiro, e il nostro angelo del ghiaccio Carolina Kostner che difficilmente andrà avanti a fare la pendolare fra il campo di allenamento in Germania e la sua casa in Val Gardena perché la realtà è questa quando ci lamentiamo delle magre olimpiche o mondiali: i migliori vanno a studiare lontano, le nazionali hanno problemi di materiale, i migliori allenatori accettano ingaggi lontano dal Bel Paese.

Ce ne andiamo senza oro come non accadeva dai giochi del 1980 a Lake Placid, ma se li ascoltate i nostri azzurri vi diranno tutti che fanno davvero fatica a pattinare, sciare, scendere con una slitta o con il bob, a saltare dal trampolino. Pensate soltanto ai Giochi di Torino e agli impianti abbandonati subito dopo la festa che ci diede anche gloria oltre le nostre reali possibilità come poi si è visto: spariti nel fondo, quasi senza niente nelle prove di sci alpino. Questi impianti abbandonati ricordano la carenza di strutture per fare sport di base. Abbiamo trovato gloria nel biathlon con la staffetta mista, ma è un mondo di cui ci ricordiamo soltanto quando porta qualche medaglia, poi se devono allenarsi è meglio che vadano lontano perché da noi soltanto Anterselva è una culla dove si possono allevare campioni.
Sono stati i giochi della Russia che non dominava il medagliere dai tempi in cui era Unione Sovietica. Hanno messo tutto in questa organizzazione come direbbe Putin che esce fra i fiori dopo aver iniziato i Giochi con la paura che tutto andasse all'aria.

Certo l'aria di casa aiuta, ma con la tripletta nella 50 chilometri di fondo sono stati proprio i russi a prendere tutto, ben 33 medaglie (13-11-9), un salto enorme se pensiamo ai soli 3 ori di quattro anni fa, se gli stessi dirigenti al vertice dello sport a Mosca speravano di arrivare almeno fra le prime cinque nazioni e non certo davanti a Norvegia, Canada e Usa.

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