«Tour inglese? E allora dico: Yes, we can»

«Yes, we can». Beppe Martinelli si sforza di dire qualcosa in inglese, e lo fa con l'imbarazzo di chi sa perfettamente di parlare una lingua non sua. Il tecnico dell'Astana, 59 anni, bresciano, chiamato a guidare da Leeds a Parigi Vincenzo Nibali in questo Tour, sorride imbarazzato.
Che Tour sarà il tuo al fianco di Vincenzo Nibali?
«Sarà stimolante e professionalmente emozionante. Vincenzo è un atleta eccezionale».
Parlate la stessa lingua…
«Non l'inglese. Per trent'anni la lingua ufficiale del ciclismo è stata il francese e l'italiano. Poi un mattino di dieci anni fa mi sono svegliato e tutti parlavano l'inglese. Situazione kafkiana. Io proseguo però a fare il mio mestiere: guardo, osservo, studio i comportamenti dei ragazzi. I gesti del ciclismo sono universali. Quelli li conosco bene, chi parla l'inglese no».
Il rivale principale è un inglese, capitano di un team inglese: Chris Froome di Sky.
«Conto su Alberto Contador, spagnolo, latino come noi, che ama l'Italia e gli italiani. Spero che tra i due litiganti il terzo goda: Vincenzo è pronto».
Come si fa a battere quei due, più forti di Vincenzo sia a cronometro che in salita?
«Con la fantasia. Non sarà facile ma ci si prova.

Come dicevo al “Panta” (Pantani, ndr): una pedalata per volta: solo così si arriva al traguardo».
Come si dice in inglese?
«Spero che non si pronunci Chris Froome. Ci sono anche Valverde, Rui Costa e via elencando. Ma io ho fiducia. Yes, we can».

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