
A parole non si dà per vinto, anche se Vingegaard continua con ostinazione a perdere. Certo, il Tour è ancora lungo, anche oggi si torna a salire, con quattro colli da superare prima di arrivare oltre i duemila metri di La Plagne, ma il danese ammirato ieri nel tappone alpino, anche se non si dà per vinto sembra un uomo rassegnato.
Porta un attacco quando all'arrivo mancano 71 km al traguardo che lascia presagire qualcosa di unico, ma di unico resta solo quello scatto. Poi più nulla. Un senso di rassegnazione che esalta la maglia gialla Tadej Pogacar che si limita a controllarlo, a seguirlo, a non perderlo di vista.
Lo sloveno lascia che i Visma Lease a Bike, la squadra del danese, facciano quello che meglio pensano, anche se sembrano in uno stato confusionale totale, visto che mandano in avanscoperta Jorgenson, gregario di Vingegaard, per poi fermarlo dopo sforzi inutili. L'americano, sfinito, al momento del bisogno si stacca. Insomma, non propriamente dei geni. La tappa che doveva ribaltare il Tour, non fa altro che ribadire che Pogacar ne è l'indisturbato padrone.
Sulle strade che due anni fa avevano esaltato il danese e fatto patire allo sloveno la sconfitta più cocente della sua luminosa carriera (quasi 6' di distacco, ndr), la maglia gialla si prende un concentrato di rivincita. A mezzo chilometro dalla vetta Taddeo dà un'accelerata delle sue e Jonas può solo chinare il capo per non assistere al doloroso spettacolo di un Pogacar che se ne va. È la sua piccola rivincita sul passato, ma è chiaramente anche l'ennesima iniezione di fiducia per il futuro.
"Grande lavoro di squadra, i miei valori sono buoni: ci proverò fino alla fine", ripete come un automa Vingegaard. Di umore diverso un più che sorridente e rilassato Pogacar. "Sapevamo quello che dovevamo fare e l'abbiamo fatto con grande lucidità", senza mancare di fare anche una battuta sull'episodio del mattino, quello dell'ammiraglia Visma che in partenza gli frena bruscamente davanti. "Forse volevano controllare i miei riflessi e i miei freni". Non rallenta minimamente l'australiano Ben O' Connor, uno che sulle salite, quando è ispirato, sa andare molto forte: va in fuga subito e si sciroppa le scalate di tutte e tre le grandi montagne.
Sul Glandon con quattordici assaltatori; sulla Madeleine restando con la crema della corsa e salutando tutti ai piedi della scalata finale, che gli regala il secondo centro al Tour, che si aggiungono a quella del Giro e alla Vuelta, chiusa un anno fa al secondo posto (secondo anche al mondiale, ndr). Oggi ultima fatica alpina per Pogacar, ultima speranza per Vingegaard.