Tutto normale, tranne il Milan. Due sconfitte in sei partite sono tante, troppe per una squadra che ha l'obbligo di piazzarsi tra le prime quattro, dunque la champions, dunque il bilancio e, alla fine, il rispetto della propria storia. La sconfitta di Genova è amara e senza alibi, lo ha ammesso Montella che, secondo il solito repertorio degli allenatori, si è assunto tutte le responsabilità. Non si sa se tattiche, tecniche, di preparazione atletica, di tensione emotiva e psicologica. Il Milan non ha difesa, anche in campo e le gaffe di Zapata sono una giustificazione parziale. Giovedì l'Europa League contro il Rijeka, domenica la Roma, il futuro passa da queste partite. Il resto della sesta giornata non ha dato sussulti, i soliti intervalli di Var (prime tre lettere di Va-Rivisto) con qualche dubbio a Crotone sulla decisione ribadita di Orsato.
Gli affanni dell'Inter fanno parte del nuovo corso, la zona Spalletti porta la squadra al terzo posto, alle spalle della coppia Juventus-Napoli ma i due punti di distacco sono figli più del caso che di un gioco definito, anche se non definitivo. Juventus e Napoli mostrano una solidità accertata sul campo e nel tempo, Allegri e Sarri hanno filosofie diverse se non opposte ma il campo conforta le loro tesi. Il toscano di Napoli ha scoperto che il campo di Ferrara è indegno (a Empoli era abituato a giocare sul green di golf), che il calendario è folle, che gli orari delle partite sono bizzarri. Capita, quando si è chiamati a guidare un grande club impegnato in Italia e in Europa. Altrimenti si vola basso, anche nelle parole. Si chiacchiera molto, Mihajlovic non lo ha ancora capito, trasforma ogni partita in un tumulto per sfociare nel disordine e nella sconfitta. Il Torino del derby non è stato una cosa seria e vera ma la Juventus sì, superando il magone di Higuain e la fake news di un guaio muscolare dell'argentino. Dybala al decimo gol è campione autentico, prescindendo dai paragoni con Messi o Maradona, compatrioti marziani. Il suo gol da coricato è simile a quello realizzato dal suo sosia Enrique Omar Sivori alla Fiorentina, nel marzo del '59.
Il calcio vive anche di nostalgia di gesti artistici più che di kamasutra tattici, tra sovrapposizioni e densità.Bene le due romane, benissimo Ciro Immobile. Adesso ci sono le coppe. Cerchiamo di rialzare la testa in champions, dopo le torte in faccia del primo giro.
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