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Il Var elimina un po' di rabbia, non gli errori

Il Var elimina un po' di rabbia, non gli errori

I l paradosso del Var è che ha risolto un problema, ma non quello che si crede. Per la tecnologia applicata al football e per i suoi controllori è stata una domenica nera, tra rigori regalati, gol regolari annullati e irregolari (di gomito) convalidati. Ma la novità del Var non sta tanto nella cancellazione degli errori, più o meno siamo lì, quanto nel moderare i comportamenti di chi protesta per un torto. Ho letto varie interpretazioni sulle decisioni errate malgrado l'ausilio della tv.

Alcune facevano riferimento alla psicanalisi, con la ribellione, più o meno inconscia, dell'uomo contro la macchina, con gli arbitri che si rivoltavano, emuli di John Connor, il leggendario eroe della saga Terminator. Una tesi suggestiva. Che sia plausibile o no, non è questo il punto. Il Var ha ridotto il numero e l'intensità delle sceneggiate. Le ha ritardate, le ha frenate. Quando un arbitro prende una decisione, quando si ferma in attesa di quello che viene chiamato silent check, si blocca la tensione, si riduce l'adrenalina, si calmano i bollenti spiriti. Questa specie di Grande Fratello incombente azzera il naturale desiderio a scatenare la rissa.

Il Var, però, fino a quando le macchine non saranno autonome, sarà sempre uno strumento in mani umane, proprio come un'auto o un aereo, saranno ancora gli uomini a pilotarla, commettendo errori. Chi pensava che sarebbe stata la panacea per tutte le magagne del calcio ovviamente sbagliava. Però prima del Var, in uno stadio, dai giocatori ai tifosi, tutti erano convinti di vedere benissimo, soprattutto i torti subiti. Ora l'occhio tecnologico nascosto li intimidisce. Quando capiscono che ha sbagliato, si arrabbiano, ma in differita.

E il calcio è l'unico aspetto della vita dove la rabbia è un piatto da servire caldo.

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