Adesso c’è di più della vergogna di vendersi una partita. Fare autogol per soldi in un derby significa essere al di là anche del male. Siamo oltre le peggiori intenzioni. Perché c’è solo una cosa che supera i valori dello sport ed è il valore della rivalità: perdere apposta la partita col peggior avversario dei tuoi tifosi e della tua città significa insultare due volte la gente. S’era capito che il Bari dello scorso anno fosse la squadra dei venduti, ma qui c’è ancora di più. Dicono i magistrati che nell’ultima parte del campionato gli ultrà baresi abbiano chiesto ai giocatori di perdere delle partite per guadagnare denaro. Potevano fallire di proposito tutte le sfide, tranne quella col Lecce. Ecco, siamo al paradosso dei paradossi: il giocatore Andrea Masiello diventa peggio di chi minaccia, peggio di chi mena. Segna volutamente nella sua porta per essere sicuro di uscire sconfitto anche in quella partita. Anzi, soprattutto in quella partita. Il bello è che tre giorni prima aveva parlato con i giornali e le tv: «Se le perdiamo tutte fino alla fine del campionato, ma vinciamo il derby col Lecce, ci metto la firma».
Questo è troppo, davvero. È questo l’oltre di cui si parla. C’è un limite anche alla schifezza e quest’ultimo pezzo di verità sul calcioscommesse lo supera. Non c’è un solo tifoso normale, non del Bari, ma di qualunque squadra, che non si indigni al quadrato per una storia così. È la fine dell’ultima illusione. Si può perdere, nel pallone. Si può retrocedere. Abbiamo visto che si può anche scommettere vigliaccamente sulle proprie partite. Assuefatti come siamo alla cattiveria umana, abbiamo persino accettato l’idea che questo possa accadere.
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