TorinoUna serata così, una serata come quella vissuta al San Mames dove nessuna squadra italiana aveva mai vinto prima, il Toro la aspettava forse da sempre. E comunque dal 1992, ovvero dalla finale di Coppa Uefa persa contro l'Ajax ad Amsterdam, tre legni colpiti e Mondonico con la sedia alzata al cielo. Da allora, sotto l'altro cielo di Torino è successo di tutto: retrocessioni, promozioni, fallimenti, nuova vita, tecnici cacciati e richiamati, Cairo proprietario e presidente osannato, poi contestato e avanti così. Qualche gioia, tanti dilemmi. Fino al ritorno in Europa della scorsa primavera complici i pasticci del Parma, fino ai preliminari della seconda manifestazione continentale e, adesso, all'ingresso nella Top 16: non è poco, davvero no. A Bilbao - preliminari di Champions - era caduto il Napoli: il tanto abusato vecchio cuore granata se n'è però infischiato della tradizione e ha battuto fortissimo. Magari illudendosi che anche la scelta dell'aeroporto di atterraggio - quello di Vitoria-Gasteiz, anziché Bilbao - fosse un segno del destino. Vittoria doveva essere, vittoria è stata. Per poi tornare a Torino nella notte ed essere accolti trionfalmente da oltre duecento tifosi che non vedevano l'ora di cantare «torneremo ad Amsterdam» salvo poi trovare nell'urna del sorteggio lo Zenit Pietroburgo: fa nulla. Ieri c'era solo da festeggiare un'impresa che «ci ha fatti entrare nella storia», le parole di Ventura.
Un artigiano della panchina nel senso vero e bello del termine, uno che quattro anni fa prese il Torello in serie B trasformandolo nel Toro di oggi: «Prima e dopo la partita ricordavo a Darmian (autore del 3-2) il discorso che avevamo fatto ad Ascoli, il giorno del nostro esordio in serie B. Eravamo in uno sgabuzzino, c'erano 40 gradi e con noi pure Glik e Vives. Se oggi la squadra è contenta, credo che loro tre siano i più contenti di tutti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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