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Vuarnet, prima inventò l'uovo e poi creò la Valanga azzurra

Montanaro, atleta, politico, imprenditore. Il Coni lo coprì di milioni per darci una squadra. Scoprì Thoeni

Vuarnet, prima inventò l'uovo e poi creò la Valanga azzurra

Moltissimi, 007 compreso, portano gli occhiali cui ha dato il nome. Tutti gli sciatori prima o poi provano la sua grande invenzione, la posizione a uovo, che non è una specialità culinaria (anche se il sedere un po' in aria deve starci), ma il modo migliore per fare velocità sulla neve. Parliamo di Jean Vuarnet, grande uomo di sci, atleta prima, imprenditore e manager poi, personaggio che proprio oggi, a 60 anni dalla sua vittoria in discesa ai Giochi Olimpici di Squaw Valley e a tre dalla scomparsa, merita un ricordo. Nato nel 1933 in Tunisia, allora protettorato francese, Jean Vuarnet a un anno scoprì la neve a Morzine e se ne innamorò. Si innamorò anche della bellissima Edith Bonlieu, sorella del campione François e a sua volta sciatrice di alto livello. Fu forse il solo errore della sua vita, perché Edith, entrata a insaputa del marito nella setta dei Templi Solari, partecipò con il figlio minore Patrick a un suicidio di massa lasciandolo nella più cupa disperazione. Un dolore che anche dopo il secondo matrimonio Jean non riuscì mai a superare e men che meno a nascondere.

Da atleta Vuarnet raggiunse il massimo il 22 febbraio 1960 vincendo il titolo olimpico in discesa. Il post carriera fu ricco di imprese di successo in Francia e non solo, perché suo fu il tocco che diede il là alla Valanga Azzurra. Una storia che merita di essere raccontata: dopo lo sfacelo dello sci italiano ai Giochi di Grenoble del 1968, la federazione presieduta dall'ingegner Conci capì che si doveva fare piazza pulita del passato. Herman Nogler, allora direttore agonistico, nasò l'aria e accettò la corte della Svezia, anche perché aveva visto all'opera un ragazzino di cui si parlava un gran bene, un certo Ingemar Stenmark. Su consiglio del giornalista Massimo Di Marco, inviato della Gazzetta dello Sport e fondatore della rivista Sciare, Conci convocò Vuarnet. «Ti costerà il doppio di un altro, ma vale anche il doppio» lo aveva avvisato Di Marco. Lo sci italiano era in fin di vita, gli altri paesi alpini stavano facendo passi da giganti e il Coni diede fiducia, e soldi, per il progetto Vuarnet. Ricorda Di Marco: «Andai a trovarlo per proporgli l'incontro per me si trattava di uno scoop giornalistico nella sua casa di Avoriaz. Era una stazione creata dal nulla grazie a una delle idee geniali di Vuarnet, che ne era diventato il padrone. Ci arrivavano vip da tutto il mondo, era fra le poche delle Alpi dove si poteva atterrare con un aereo privato. Jean era davanti al camino a fumarsi la pipa. Mostrò interesse, aveva già le idee chiare su cosa servisse per creare uno squadrone». La Federazione italiana gli fece firmare un contratto per cento milioni di lire e Vuarnet si mise al lavoro, affiancato da uno staff di tecnici valtellinesi, il giovanissimo Mario Cotelli come suo vice, Luciano Panatti per la discesa, Oreste Peccedi per gigante e slalom. Nacque il Pool delle aziende fornitrici e da Trafoi arrivò un ragazzino di nome Gustav Thoeni, ciliegina sulla torta di un progetto nato vincente. Vuarnet era uomo di montagna, ma parlava come un ministro. Costò tanto, ma fruttò molto di più. La sua gestione moderna fu copiata da tutte le altre nazioni e ancora oggi nessuno ha trovato un modo migliore per mandare avanti una squadra di sci.

Dopo i Giochi olimpici di Sapporo 1972, oro di Gustav Thoeni in gigante, argento e bronzo dei cugini Thoeni, Gustav e Roland, in slalom, Vuarnet trovò una scusa per tornarsene in Francia: non aveva gradito che il Coni avesse lasciato a casa la squadra femminile e sbatté la porta. Mario Cotelli, allievo modello spinto da una grande ambizione e come Vuarnet uomo di cultura oltre che di neve, fu pronto a raccoglierne l'eredità.

Sappiamo come andarono le cose: nei successivi quattro anni i trionfi degli sciatori italiani affossarono la squadra francese che aveva dominato fino ad allora.

Ma tutti in patria continuarono a voler bene a Jean, a comprare i suoi occhiali dalle lenti così performanti e a usare la sua posizione a uovo. Che, è ancora Di Marco a raccontare, «fu in realtà inventata da Zeno Colò, che sciava con una posizione simile, solo un po' più alta. Vuarnet incassò la testa fra le gambe e la codificò, entrando nella storia».

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