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Weber con la "benzina nel sangue" prova a smontare il mito Schumacher

La fine del rapporto quando gli sconsigliò di tornare in pista con la Mercedes: "Michael mi disse che poteva gestire i suoi affari da solo"

Weber con la "benzina nel sangue" prova a smontare il mito Schumacher

Willi Weber era conosciuto come il signor 20%, tanta era la percentuale di ogni contratto di Schumacher che finiva nelle sue tasche. Da qualche anno è sparito dalla scena, colpito da un ictus che gli ha lasciato qualche segno. Non era più il manager di Schumi dai tempi della sua decisione di tornare in pista con la Mercedes. Una separazione dura tra due che erano stati amici inseparabili. Questioni di denari, di investimenti sbagliati pare. In questi giorni arriva in Italia per Rizzoli il suo libro di memorie «Benzina nel sangue» pubblicato un anno fa in Germania. Una lettura interessante. Con qualche data che non torna, qualche racconto che non fila. Ma interessante per sapere qualcosa in più di Michael. Weber si toglie qualche sassolino dalle scarpe. A 80 anni non ha più peli sulla lingua. Prova a scalfire il mito Schumi dandogli del taccagno, raccontando che gli orologi che regalava ai suoi meccanici glieli pagava lo sponsor, arriva a definirlo «un daltonico che non capisce di che colore sia un pomodoro». Ingeneroso.

«Ci tengo a spiegare chi sia davvero Michael Schumacher, il mio migliore amico con cui ho passato vent'anni, scanditi da un rapporto simile a un matrimonio. A mettere in luce aspetti che lo riguardano e che non sono mai stati evidenziati in precedenza, così che le persone, i tifosi, possano vederlo come l'ho visto io», scrive Willi e poi va giù con l'accetta anche contro suo fratello Ralf, sua moglie Cora, Ecclestone, Montezemolo che arriva a definire «pallone gonfiato». Salva solo Briatore. Ci sono comunque tanti aneddoti curiosi. Gli incontri con Jordan, Briatore, Jean Todt. Qualche commento sprezzante sui piloti avversari, su giornalisti che non amava.

Curioso quando racconta di come abbia convinto Michael ad accettare la corte della Ferrari che al momento non era certo un'auto vincente. Lo fece durante una gita su una barca a remi sul Lago di Como. Michael remava e lui su due fogli aveva scritto i pro e contro della scelta di andare alla McLaren o alla Ferrari. Willi si prende grandi meriti di quella scelta. E racconta la verità perché lui aveva capito l'importanza di una vittoria con Ferrari. «Michael se vincerai con la McLaren nessuno ci farà caso. Pensa se riuscirai a portare alla vittoria una macchina di m... come la Ferrari. Se vinci con loro non avrai più bisogno di documenti: ti riconosceranno in tutto il mondo».

Tristi le ultime frasi del libro, quando si pone delle domande dopo aver raccontato che Corinna dal giorno dell'incidente sugli sci, non ha mai risposto alle sue chiamate e ai suoi messaggi: «Perché dopo tutti questi anni, sono soltanto uno pneumatico consumato che per sua moglie non vale più niente? Perché non posso fare visita a Michael? Per cosa vengo punito? Non ho risposte a queste domande. Ma posso accettarlo».

Forse Willi non dice tutta la verità. Ma qualche capitolo prima, racconta la rottura con Michael e prova anche a metterlo in cattiva luce. Willi lo aveva sconsigliato a tornare in pista con la Mercedes. Michael non aveva resistito al richiamo della pista e tra i due si è chiuso il rapporto: «In linea di principio posso fare io il manager di me stesso», gli dice Michael. Willi scrive: «Non credo si renda conto di quanta fatica ed energia costi essere il suo manager. Siccome sono gli altri a occuparsi sempre di ogni cosa, non hai mai conosciuto il lavoro, ma solo il successo...». Quel capitolo è datato giugno 2010.

Lì è finita una storia di successo e a leggere Weber anche di amicizia e complicità. Willi è diventato un uomo ricchissimo con il suo 20%, ma ha avuto anche i suoi meriti a spingere Michael verso la Ferrari.

Che a un certo punto sia stato troppo ingordo? Viene da pensarlo, visto come è andata a finire.

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