Dobbiamo smaltire la delusione del mondiale a cui si è aggiunta la falsa partenza in Champions (Napoli subito fuori), dobbiamo seguire con morbosa curiosità l'avvento di Antonio Conte sulla panchina azzurra e prepararci subito al campionato che è dietro la porta. Non c'è più la clamorosa distanza tra Juve dei 102 punti e le altre inseguitrici eppure l'attrazione maggiore sarà costituita dalle imprese di molti allenatori attesi dal plotone di esecuzione, senza distinzioni di censo, e nemmeno di missione, dalla a di Allegri alla z di Zeman. È il giochino dei prossimi mesi, possiamo scommettere qualche euro. Perché a Torino il paragone tra la Juve di Conte e quella ereditata da Allegri sarà continuo e inevitabile. E a ogni punticino perso partiranno i retroscena: Max non è il tipo da lanciare le bottigliette nello spogliatoio durante l'intervallo come amava fare Antonio. Di sicuro la Juve è stata accompagnata ai blocchi di partenza da una striscia di contrattempi (Morata, poi il virus dell'influenza, quindi il ko di Pirlo) che avrebbe giustificato il ricorso a un esperto di macumbe. «Mi son fatto benedire» la risposta ironica spedita dal livornese a qualche amico milanese.
Ne avrà bisogno. Come Rafa Benitez che è già finito in rotta di collisione col suo presidente De Lauretiis il quale lo aveva accolto con un giudizio («ha respiro internazionale rispetto a Mazzarri») che riletto adesso ha il sapore di un'autentica beffa. Il presidente dovrà pure trovare un capro espiatorio su cui rovesciare le responsabilità di un mercato col braccino corto e dalla discutibile cifra tecnica. Neanche Bigon, il ds, può dormire sereno. Pensate poi alla condizione di Pippo Inzaghi: ha impiegato niente ad arrivare sulla panchina del Milan ma si ritrova con una squadra che ha pochissimo dell'antico conio anche se può contare sul contributo, discutibile, di Fernando Torres. Avrà qualche settimana di tempo per limare condizione, schemi e temperamento poi salirà sul patibolo di Milanello se i risultati non dovessero essere soddisfacenti. Non solo, ma i rari vedovi di Seedorf torneranno all'assalto con l'obiezione scontatissima («visto che non era colpa di Clarence?»). A Pippo dovrebbero tremare le vene dei polsi e invece è pronto petto in fuori anche se ha chiesto e ottenuto l'ennesima visita pastorale del presidente Silvio Berlusconi. Attenti però: perché il paracadute del club può aprirsi comodo per qualche caduta inattesa ma non per tutta la stagione.
Walter Mazzarri è già promosso in Europa league con un mercato di sicuro spessore e con un presidente che questa volta non farà sconti: vuole cominciare a vincere e a vedere calcio divertente, un combinato disposto di non facile realizzazione. Nemmeno Garcia, che a Roma gode dello stesso appeal di Sabrina Ferilli, può sentirsi al sicuro. Date un'occhiata al girone di Champions: molte, moltissime energie psico-fisiche saranno di sicuro assorbite dai duelli con rivali di rango nel tentativo di superare il primo turno. E non gli varrà come salvacondotto il risultato, prestigioso, del precedente torneo: dalle nostre parti, la memoria è corta, anzi cortissima. E a Udine hanno tutti voglia di misurare le capacità di Stramaccioni, tornato in pista dopo aver molto pazientato e studiato: Guidolin è in bici a casa sua ma nessuno in Friuli ha dimenticato il lavoro strepitoso di Francesco. Di qui i rischi per il suo giovane successore: il confronto sarà crudele.
Infine non bisogna perdere di vista Zeman a Cagliari il quale deve far dimenticare il fallimento della Roma con un gruppo di giovani che si fidano, per ora, ciecamente dei suoi schemi. Alla prima goleada ne riparleremo. Il plotone è pronto, non saranno pallottole ma titoli di giornali e dibattiti al vetriolo in tv. L'effetto, però, assicurano è lo stesso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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