Zidane, l'addio del vincente che ora pensa alla Nazionale

Da giocatore ha vinto tutto, in panchina coi blancos anche Il suo carisma ha costretto CR7 & C. a perdonargli gli errori

Zidane, l'addio del vincente che ora pensa alla Nazionale

Il torero lascia l'arena di Madrid con orejas Y ovaciones. Zinedine Zidane si ferma per la storia, ha scelto di uscire dalla porta degli eroi, con l'abito di luce. Ha vinto tutto quello che sognava, desiderava, voleva. Lo ha vinto da calciatore, con il club e con la nazionale. Lo ha vinto da allenatore, stabilendo anche un record impossibile, tre champions consecutive. E, dunque, è venuto il momento di fermare il tempo, di concedersi il riposo del generale dopo le battaglie. Ha capito che, oltre l'isola del tesoro, non ci può essere più nulla di ugualmente grandioso. Grandioso come è stato il suo viaggio incominciato lungo le strade violente di Marsiglia, là dove il ragazzo calibo, introverso e solitario, si circondava di complici, scherzandoli con un dribbling e con la minaccia di una vita di polvere e prepotenza. Se non ci fosse stato il pallone, forse il suo percorso sarebbe finito nel sangue e nel reato. Il calcio lo ha esaltato, Bordeaux, la Juve, il Real, la Francia, hanno celebrato un fuoriclasse. I suoi gesti, colpi di pennello di Delacroix come disse Gianni Agnelli accostandolo al pittore romantico francese, fanno parte di un calcio che non piace agli allenatori ma che incanta chi ama il gioco, non per la tattica ma per il colpo imprevisto ed improvviso. Il mondiale del '98 fu suo, nonostante un gesto volgare, quando si spazzolò le scarpe sulle gambe del capitano saudita Amin. Parigi gli concesse la gloria dell'Arco di trionfo illuminato dalla sua immagine; gloria violentata nel mondiale 2006, la testata a Materazzi fece ritornare Zidane, come in un flash back, sulle strade di Marsiglia.

Pochissimi avrebbero scommesso sulle sue doti di allenatore. Per il carattere, riservato, taciturno, Zizou, o Yaz per gli amici più vicini, sembrava il meno adatto alla gestione di un gruppo; ma il carisma, la personalità silenziosa, lo sguardo da tigre nelle due asole che sono i suoi occhi, hanno avuto la meglio su un gruppo fenomenale che gli ha obbedito per rispetto e consentito, anche, errori ed omissioni. C'è stata anche la fortuna che accompagna non soltanto gli audaci ma i più forti. Zidane ha ora il tempo per riposare, osservando il mondiale, secondo alcuni, pronto a rilevare il suo sodale Deschamps, molto criticato da Dugarry, ex complice di Zidane a Bordeaux. La panchina della Francia sarebbe lo striscione dell'ultimo chilometro, non il viale del tramonto, ma il finale da oscar del suo film che ha avuto anche fotogrammi orribili. Il Real si risveglia nudo. Incomincia il gioco degli eredi, Pochettino, argentino del Tottenham di Londra, è il favorito. Florentino Perez lo segue da tempo, ancor prima di offrire a Zinedine il ruolo di traghettare il Real smarrito da Benitez. Poi sono arrivate le vittorie, poi sono arrivati i trionfi.

In due anni e quattro mesi, dal 4 gennaio del duemila e sedici, giorno del suo insediamento, Zidane ha conquistato 1 campionato, 1 supercoppa di Spagna, 3 champions league, 2 coppe del mondo per club, 2 supercoppe Uefa. Zizou può coricarsi sulla gloria.

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