Zoeggeler & gli altri nonni Quelli che non mollano mai

Gli allenamenti feroci di Armin e Di Centa. Il record mancato di fenomeno Bjoerndalen

Zoeggeler & gli altri nonni Quelli che non mollano mai

Sochi - Cosa spinge un campione quarantenne a sfidare atleti che potrebbero essere suoi figli? Cosa spinge un campione che ha già vinto tutto a sfidare l'età, gli acciacchi, la fatica per conquistare nuovi record? Due giorni fa Armin Zoeggeler si è massacrato di pesi in palestra per oltre due ore e mezza per non lasciare nulla di intentato nel cammino verso il suo sesto podio olimpico consecutivo. Sabato il biathleta norvegese Ole-Einar Bjoerndalen si è distrutto di fatica per andare a vincere la sua dodicesima medaglia e ieri non ha avuto la lucidità necessaria per prendersi la tredicesima (sarebbe stato record assoluto), sbagliando qualche colpo di troppo al poligono di tiro. Sempre domenica, Giorgio Di Centa ha tenuto fin quasi alla fine il gruppo di testa nella gara 15+15 chilometri di fondo chiudendo ottimo dodicesimo.
Se chiedi a loro, a questi fenomeni, perché sono ancora lì, ti guardano come a dire «perché no?», per poi perdersi in spiegazioni scientifiche sull'evoluzione della preparazione che permette una longevità agonistica un tempo impensabile. Poi di dicono anche che tutto sommato non esiste al mondo un lavoro bello come quello dell'atleta, un privilegiato che può guadagnarsi da vivere facendo quello che più gli piace al mondo. Sì ma… e la fatica? E lo stress? E l'impossibilità di avere una vita normale in famiglia? Zoeggeler domenica sera ha ammesso ridendo che non sentiva la moglie da due giorni e che più che con lei negli ultimi tempi aveva parlato con la sua slitta. Il fatto è che noi esseri normali non possiamo capire cosa passa nella testa di questi campioni capaci, e prendo sempre l'esempio di Zoeggeler, di scendere per quattro volte per sei olimpiadi, quindi ventiquattro volte, senza sbagliare una curva, senza mai perdere la linea ideale, senza far mai sbandare la sua slitta.
Mostruoso no? Dominik Fischnaller, che ha vent'anni essendo nato nel 1993, quindi 19 anni dopo Armin, domenica sera era un po' scocciato per quel sesto posto all'esordio olimpico, non tanto per il risultato in sé, davvero ottimo, quanto per il fatto che in ognuna delle quattro manche aveva sbagliato la fatidica curva numero 5 perdendo così ogni speranza di podio. «Armin non sbaglia mai quando non deve, questo fa la differenza fra lui e gli altri». E Loch? E Demtschenko che gli sono finiti davanti? Semplice: il tedesco, per quanto bravo, può anche sfruttare l'assoluta superiorità della sua slitta. Quanto al russo, la pista di Sanki è stata concepita sulle sue caratteristiche tecniche, e si sa che nello slittino allenarsi spesso sullo stesso budello permette di memorizzarlo in modo da poter fare la differenza. «Con la slitta di Loch, Zoeggeler avrebbe in ogni caso vinto» ha detto sportivamente il simpatico Demtschenko, altro "caso" visto che, essendo nato nel 1971, è ancora più anziano di Armin.
Lui però ha già detto che con l'argento di Sochi chiuderà la carriera, mentre il nostro alfiere ha ancora dei dubbi e all'apparenza poca voglia di ascoltare il giovane compagno Dominik che non vede l'ora di togliersi di mezzo un compagno di squadra tanto "ingombrante" (soprattutto nelle classifiche). «In allenamento mi aiuta, mi dà consigli, ma adesso credo di poter andare avanti con le mie forze» ha detto Dominik con zero peli sulla lingua. Già, perché la longevità agonistica dei grandi vecchi è spesso un intoppo alla crescita dei giovani, che faticano a trovare spazio e attenzioni.

Lo stesso Zoeggeler dovette farsi strada in un gruppo di campioni anzianotti quando a Lillehammer si affacciò alla grande ribalta internazionale e quindi, come dice ancora Fischnaller, «se uno è forte, prima o poi arriva».

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