E nzo Ferrari diceva che il termine vicecampione fosse un inganno, perchè il secondo è il primo degli ultimi. L'Ingegnere conosceva bene le proprie vetture, il significato di un gran premio e la conquista di un titolo mondiale. Le sue parole vengono smentite dalla propaganda che accompagna i risultati della Ferrari contemporanea. Qualunque sconfitta, e sono tante, è celebrata come una vittoria mancata, ogni avvio di stagione viene presentato come l'ora del riscatto, il momento della verità, pagine elogiative in numero industriale, pronostici ottimistici. Poi arrivano le gare e la realtà è diversa. Nonostante questo la Ferrari è tutti noi, va spinta in curva e sul rettilineo, al contrario di una qualunque grande squadra di football, nazionale compresa, che, al primo insucesso, si ritrova coperta di critiche, con allenatore e dirigenza sull'orlo del licenziamento. A Maranello tutto fila liscio, arrivare quarti significa sfiorare il podio.
Accade una cosa analoga nella serie A di calcio, là dove ormai il quarto posto è diventato il traguardo dei perdenti di successo, lo striscione di arrivo di chi non può pretendere di più perché, come sosteneva un altro grande vecchio del nostro sport, Giulio Onesti, ai ricchi scemi, nel senso di presidenti e padroni, piace così. Ora non ci sono più nemmeno i ricchi.
Insieme
con Giulio Onesti, Enzo Ferrari aveva visto giusto però non prevedendo che ad andare fuori giri non sarebbe stata la sua bellissima Rossa ma la stampa. Si tornerà in pista e le rotative saranno di nuovo in pole position.
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