Sportelli bancari, un’asta che vale un minirisiko

Analisi «veloce» per le filiali di Piazza Cordusio: le cooperative studiano l’opzione paracadute

da Milano

AAA sportelli cercansi. Negli ultimi due anni il sistema bancario italiano ha visto nascere colossi come Intesa Sanpaolo e Unicredit, disegnato i lineamenti di Ubi e del Banco Popolare, ma la ricerca di una stazza adeguata è stata la priorità anche di quanti sono rimasti ai margini del riassetto.
Determinati a sfruttare perlomeno i profondi ritocchi estetici imposti ai grandi gruppi dal «bisturi» dell’Antitrust. A partire dall’Agricole, ora considerato a un passo da Banca Marche, che aveva ricevuto il nucleo Cariparma-Friuladria (650 sportelli) da Ca’ de Sass in cambio dell’ok al Sanpaolo. Ma l’elenco si sarebbe presto arricchito delle 198 filiali di Intesa finite alla cordata Creval-Carige-Veneto Banca-Popolare Bari, e dei 61 sportelli passati da Ubi a Popolare Vicenza. Fino, senza contare la partita Biverbanca e Carifirenze, alla gara ora in corso per le 186 eccedenze della grande Unicredit.
In tutto oltre 1.100 di sportelli. Una presenza sul territorio che dal punto di vista strettamente numerico è superiore anche alla rete di Antonveneta. L’ex popolare padovana che dopo essere stata al centro del violento scontro tra Abn Amro e l’ex Bipielle di Fiorani, sta per essere inghiottita dal Monte dei Paschi, pronta a pagare 9 miliardi agli spagnoli del Santander: 9 milioni a sportello. I valori in gioco, tuttavia, cambiano a seconda della dislocazione della rete sul territorio. Ecco perché se Siena non ha badato a spese pur di radicarsi nel ricco Nord così come le popolari nei confronti di Intesa (9,5 milioni), l’incasso per Unicredit si preannuncia meno abbondante.
L’offerta presentata dal maxiconsorzio guidato dal tridente Bipiemme-Bper-Carige, che sta trattando in esclusiva con Piazza Cordusio, si attesterebbe infatti attorno a quota 747 milioni: poco più di 4 milioni a sportello. Lo «sconto» anche rispetto agli 8 milioni sborsati dalla Popolare Vicenza per ogni filiale Ubi (in tutto 488 milioni) è netto e motivato dall’elevato peso del lotto siciliano nel pacchetto ceduto da Unicredit. Tanto che le stesse popolari tra dicembre e gennaio avrebbero risuddiviso i quattro lotti proposti da Piazza Cordusio, accoppiando gli sportelli del Centro-nord e di Roma con quelli, generalmente meno profittevoli e ambiti, del Meridione. L’ad Alessandro Profumo ha posto l’estate come termine ultimo per chiudere l’affare ma è molto probabile che si decida nell’arco di poche settimane. Non appena sarà terminato il mese di due diligence, tanto che quest’ultima starebbe passando al setaccio quasi esclusivamente gli aspetti occupazionali delle filiali oggetto di compravendita. Lasciando a un secondo tempo la complessa disamina degli impieghi e della raccolta.

Ecco perché il consorzio (di cui fanno parte anche Credem, Etruria, Popolare Sant’Angelo, Popolare Ragusa e una manciata di cooperative siciliane) starebbe trattando con Unicredit un’opzione «paracadute»: in caso di amare sorprese nei conti, le filiali sarebbero restituite.

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