Cronaca locale

Sprechi e sperperi dei consigli di Zona senza poteri sono inutili: aboliamoli

Continua l'inchiesta sui consigli di Zona. Così sono inutili: tanto vale abolirle ed evitare gli sperperi e farli diventare strumenti per aiutare il Comune a gestire il territorio, dal verde all’arredo urbano

La nostra inchiesta sugli «sprechi dei parlamentini» conduce ad una impietosa ma inevitabile conclusione: le circoscrizioni, le 9 zone del decentramento di Milano, non sono solo inutili, ma anche dannose. Perché inutilmente dispendiose, sprecone, scialacquatrici di denaro pubblico in iniziative fantasiose, superflue e velleitarie. Di fatto non hanno alcun potere decisionale, se non qualche indiretta facoltà di interdizione essendo chiamate ad esprimere pareri obbligatori ma non vincolanti su alcune scelte - generalmente quelle urbanistiche - della giunta. Sono critiche, queste, non nuove e che potremmo definire bipartisan, perché arrivano, e da tempo, sia da destra sia da sinistra. E che possono portare solo a due conclusioni. Drasticamente in negativo la prima: le zone sono inutili anzi dannose. Aboliamole, punto e basta. Risparmieremo tempo nelle decisioni e denaro, tanto denaro, come risulta dalla nostra inchiesta, ricordando che il decentramento amministrativo è un’eredità appiccicosa del mito inconcludente che va sotto il nome di «partecipazione democratica», o di «democrazia diffusa», tanto in voga negli anni Settanta.
L’altra conclusione, questa invece in positivo, è perciò molto più difficile: fare delle circoscrizioni strumenti utili all’amministrazione della città, perfino risparmiando dei soldi. Come? Dando alle zone poteri reali: ad esempio nella piccola manutenzione del territorio, nell’arredo urbano, nella tenuta e nello sviluppo del verde, forse anche nell’affrontare le situazioni meno gravi relative alla sicurezza, quelle gestibili con l’impiego la vigilanza urbana. E perfino, se proprio ci tengono, i alcuni ambiti della cultura e dello sport. È, dunque, un problema di deleghe da palazzo Marino agli esecutivi delle zone. Le quali, dunque, diventerebbero così quasi dei piccoli municipi (com’è, d’altra parte, a Roma) con poteri non molto diversi da quelli che avrebbero gli attuali comuni dell’hinterland se e quando si realizzasse la mitica città metropolitana, alla quale, però, tutti, a cominciare dai nostri amministratori locali sembrano ottusamente disinteressati.
Immagino le obiezioni dei consiglieri di zona: «Dove li prendiamo i soldi per fare tutte quelle cose?». Anche per questo bisogna invertire il meccanismo attuale e passare da un centralismo comunale, con palazzo Marino che distribuisce delle mancette alle circoscrizioni che con quei pochi soldi fanno le sciocchezze che abbiamo visto, ad una sorta di federalismo fiscale calato fino al decentramento amministrativo. Ogni circoscrizione, cioè, trattiene piccole quote concordate delle multe di versa natura, delle imposte sulla pubblicità, sull’occupazione di suolo pubblico eccetera. Fino a una parte degli oneri di urbanizzazione che interessano la zona. La quale con le somme così raccolte potrebbe occuparsi direttamente e più efficacemente di una serie di funzioni, sgravandone il Comune. Per di più, dovendo occuparsi di cose serie e importanti per i cittadini, è sperabile che i parlamentini eviterebbero di perdere tempo e soldi nelle numerose sciocchezze che la nostra inchiesta sta elencando. Ricordo che, in realtà, questo era l'obbiettivo finale o l'aspirazione più o meno esplicita della riforma varata dalla prima giunta Albertini, quando l'allora assessore Del Debbio ridisegnò il decentramento portando da 20 a 9 il numero delle circoscrizioni.

Perché poi non se ne fece nulla? Ma non è mai troppo tardi.

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