Dopo anni di annunci, sempre mancati, ieri Ryanair ha potuto dichiarare ufficialmente di essere diventata la compagnia aerea «più grande d'Italia», con 28,1 milioni di passeggeri movimentati da e per l'Italia nel 2011, contro i 25 milioni di Alitalia. Lo ha detto il direttore commerciale della compagnia irlandese, Melisa Corrigan. Anche nel 2010 il capo di Ryanair, Michael O'Leary, aveva preannunciato il sorpasso (22 milioni a 21), che poi non c'era stato. La compagnia low cost ha registrato nel nostro Paese una crescita dei passeggeri del 20,3% rispetto al 2010, superiore al doppio di quella complessiva del suo network (+10%); segno questo di particolare dinamicità del mercato italiano. Ora l'obiettivo dichiarato da Ryanair per il 2012 è di 30 milioni di passeggeri da e per l'Italia, un traguardo che porterebbe, secondo Ryanair, alla creazione di 30 mila nuovi posti di lavoro nel turismo.
Ma, al di là degli annunci, si tratta di capire meglio come funziona la concorrenza tra una compagnia di linea e di tradizione, e una rapace low cost, pronta a farsi pubblicità gratuita con false notizie, come quelle delle toilette a pagamento, dei posti in piedi o dei blow job promessi nel 2008 dall'incontenibile O'Leary per i voli verso gli Stati Uniti (che non esistono nemmeno). Più seriamente, tutto si può sintetizzare in un paio di numeri relativi al bilancio 2009, quando Ryanair denunciava un utile operativo di 92 milioni e contributi per 190 milioni. In altre parole: Ryanair, che tanto invoca la libertà di mercato e di concorrenza, è una compagnia assistita. Come? Soprattutto con contributi per il lancio di rotte, da parte di aeroporti e di comunità locali. L'Alitalia è stata assistita e tuttora i contribuenti pagano la sua rinascita; ma non si dica che Ryanair non lo è.
C'è dell'altro, volendo. Per esempio, lo slalom tra le norme italiane ed irlandesi, che permette a Ryanair di prendere spericolatamente il meglio là dov'è: così il fisco ha eccepito 350 milioni di incassi sottratti alla contabilità italiana, mentre gli ispettori del lavoro - notizia recentissima - hanno riscontrato un'evasione contributiva di 12 milioni, perchè i 650 lavoratori impiegati nello scalo di Orio al Serio anche se vivono in Italia sono inquadrati con contratti di diritto irlandese, che permettono enormi risparmi contributivi e fiscali. Insomma, i prezzi sono low cost, ma tutto il resto è furbetto. E anche i biglietti lo sono: perchè alla tariffa base vanno sempre aggiunti oneri «impropri» che fanno sistematicamente lievitare i prezzi rispetto a quelli delle pubblicità.
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