Lo sprint di Piazza Affari cancella il trimestre nero

Un semestre di luci e ombre in Borsa. Di luci fortissime e di ombre altrettanto scure, con una data, il 9 marzo, a fare da spartiacque, tra il presagio della crisi definitiva e la speranza di un ritorno alla normalità. Attorno a questa data sei mesi pazzi, ma in cui - alla fine della storia - non è successo praticamente niente. Per farla semplice: se il primo gennaio avevate investito un euro a Piazza Affari, oggi, alla chiusura ufficiale della prima metà dell’anno, avete ancora un euro. A patto che nel frattempo non l’abbiate toccato.
A Piazza Affari è andata così: prima il crollo, poi la risalita spettacolare, con un copione simile per molte delle principali Borse al mondo. Dal primo gennaio al fatidico nove marzo l’indice di Milano ha perso il 35 per cento. Dal nove marzo ad oggi il saldo è positivo di oltre 50 punti. Risultato finale tanto parlare, tanto rumore, per una Piazza Affari che al giro di boa del 2009 si presenta con un bilancio praticamente piatto: -1,8%, numero «piccolo», a cui l’enormità della crisi finanziaria ci aveva fatto perdere l’abitudine.
Si è detto che il recupero di Piazza Affari negli ultimi tre mesi sia stato uno dei più spettacolari, tra le Borse europee. Vero, ma bisogna ricordare che la precedente discesa era stata tra le più violente. Gioco a somma zero. Che ha rappresentato il copione per molti mercati finanziari in questa prima metà dell’anno. Parigi ha perso l’1%, Londra il 3%; Francoforte guadagna l’1,5%, Madrid se la cava meglio con un +7%. Indietreggia del 3% il Dow Jones di Wall Street, mentre rappresenta un’eccezione significativa l’indice tecnologico Nasdaq che, libero dalla zavorra di banche e assicurazioni, è avanzato del 17 per cento.
Il punto critico, tornando al vostro euro investito il primo gennaio, è che nel frattempo dovete essere rimasti immobili. Solo se avete resistito fino ad oggi siete andati in pari. Se invece dopo le prime settimane nere di gennaio avete venduto perché il gioco non faceva più per voi, ovviamente il ribasso della Borsa l’avete pagato tutto. Ma se siete stati così abili, o fortunati, da investire il vostro euro in marzo invece che in gennaio ci avete addirittura guadagnato.
Sono gli alti e bassi dei mercati, tre mesi su tre mesi giù, oggi +4% domani -8 %. Tecnicamente la chiamano «volatilità», un nervosismo degli indici finanziari che accompagna da sempre il nervosismo altrettanto imprevedibile di chi opera in Borsa. Prima la convinzione che tutto stia per disintegrarsi. Con investitori, trader, broker, gestori e analisti che si preparano all’idea di cambiare lavoro (qualcuno comunque l’ha dovuto fare davvero): aprire un agriturismo, diventare skipper professionista. Poi l’ottimismo che ritorna e tutti a dirsi: «In fondo il peggio è passato, forse tutto tornerà come prima». Cosa sia successo in quel 9 marzo è difficile da dire. Anzi, proprio in quella data gli Stati Uniti confermavano che la loro economia si contraeva a un tasso così pesante come non si vedeva da quasi trent’anni. Ma è certo che da lì in poi ha cominciato ad affermarsi l’idea che governi, banche centrali e istituzioni internazionali non avrebbero lasciato il sistema economico-finanziario al suo destino. Adottando chiaramente una politica «interventista»: far esplodere i debiti pubblici, per inondare letteralmente i mercati di denaro.

E per finire, per gli appassionati dei titoli di Stato, la conferma che questi, alla fine, seguono sempre il mercato azionario, anche se in maniera capovolta. Un Btp decennale rendeva il 4,4% (lordo) il primo gennaio. Oggi rende il 4,5 per cento. In mezzo si è passati dal 4,2 al 4,85 percento. Anche qui verrebbe da dire che alla fine sembra che non sia successo niente.

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