Politica

Spunta in laboratorio l’embrione «minotauro»

La scelta di utilizzare gli ovuli della mucca è dovuta alla difficoltà dei ricercatori di procurarsi quelli umani

Erica Orsini

da Londra

Un embrione «alieno», metà umano, metà animale. È quello che vorrebbero realizzare in laboratorio alcuni scienziati inglesi fondendo il Dna di un uomo con gli ovuli di una mucca.
I ricercatori delle università di Newcastle e del Kings College di Londra hanno chiesto all’autorità britannica per la Fecondazione e l’Embriologia Umana, l’autorizzazione ad effettuare la sperimentazione per un periodo di tre anni. Tecnicamente si tratta di una procedura abbastanza fantascientifica. Gli esperti tenterebbero infatti di inserire le cellule della pelle di uomo adulto in un ovulo bovino completamente privato del materiale genetico originario. Il risultato finale sarebbe un embrione umano al 99 per cento con tracce residue di dna bovino presenti soltanto all’esterno del nucleo cellulare. Da questo tipo di embrioni – destinati alla distruzione dopo il sesto giorno di vita – i ricercatori sperano di ottenere cellule staminali utili per la cura di malattie gravi neurodegenerative come il morbo di Parkinson o quello d’Alzheimer. La ricerca nel campo delle cellule staminali è considerata tra le più promettenti della scienza medica, ma sempre, negli ultimi anni, le sperimentazioni in quest’area hanno sollevato accesi dibattiti etici.
La novità introdotta dai medici di Newcastle e del Kings College è quella di non dover ricorrere a ovuli umani – difficili da reperire dato che le donatrici devono sottoporsi a un intervento chirurgico - per creare linee di cellule staminali, vale a dire quel tipo di cellule «non specializzate» capaci di trasformarsi in qualunque altro tipo di cellula e quindi teoricamente adatte per sperimentare la cura di organi o tessuti umani danneggiati.
La “soluzione bovina” era sembrata agli scienziati più semplice e meno attaccabile dal punto di vista etico, ma le critiche sono fioccate ugualmente. Molti esperti hanno subito bocciato la proposta come «non etica e potenzialmente pericolosa». E alcuni hanno già fatto notare come in casi come questi il fine non possa giustificare i mezzi. «Nella storia dell’umanità la specie umana e quella animale sono state separate – ha detto ieri Calum MacKellar, membro dello Scottish Council on Human Bioethics – in questo tipo di procedura si mischiano in maniera molto profonda ovuli animali con cromosomi umani e questo può minare alla base la distinzione fondamentale tra esseri umani e animali. E se accade questo, allora si possono distruggere le fondamenta della dignità umana e dei diritti umani».
Ovviamente i ricercatori che hanno richiesto il permesso all’authority per la Fecondazione e l’embriologia umana la pensano in maniera diametralmente opposta e non hanno difficoltà a spiegare le loro ragioni dettate soprattutto da una sorta di buon senso «scientifico». La scelta di utilizzare ovuli di mucca può risultare scioccante – fanno capire – ma alla fine è migliore di quella ritenuta universalmente più ragionevole. «Lo stato della nostra tecnologia è tale – ha spiegato il dottor Stephen Minger del King’s College di Londra – da richiedere centinaia di ovuli umani per la realizzazione di una sola linea di staminali. È essenzialmente per questo che riteniamo molto più appropriato usare ovuli animali come surrogato». Una tesi che anche il parlamentare liberaldemocratico Evan Harris, membro della commissione parlamentare per la Scienza e la Tecnologia si sente di sostenere. «Se da tecniche di clonazione terapeutica perfezionate o da ricerche nel campo delle cellule staminali possono derivare benefici per l’esistenza umana, sarebbe immorale ostacolarli solo a causa di un fattore che ci impressiona», ha dichiarato il medico. Insomma, sembra suggerire Harris, il fatto che ci siano di mezzo degli ovuli bovini non deve far pensare che tutta la sperimentazione sia da buttare. Anche per alcuni assidui frequentatori del sito online della Bbc lo scopo finale degli esperimenti scientifici, vale a dire la cura di patologie molto gravi, giustifica la creazione di quest’embrione «chimera».

«Che sono dopotutto malattie come l’Alzheimer o il Parkinson – si chiedeva ieri Paul Kemp, un lettore di Monaco rispondendo alle gravi obiezioni etiche sollevate dagli esperti contrari a quest’ultima sperimentazione – se non qualcosa che mina alla base la dignità umana?».

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