Sputi, insulti e debiti: da Pechino nessuna nuova

di Tony Damascelli
Solite cose nostrane: vince uno e l’altro sputa e insulta. La Cina non è vicina, è vicinissima. Si gioca a ottomila chilometri da casa ma è come se interisti e milanisti fossero scesi nel cortile o al bar dell’angolo. L’arbitro fa quello che sa e quello che può, a Rizzoli basta soffiare nel fischietto e si ritrova accerchiato da figure e figuri tatuati dovunque e comunque, con capigliature improbabili, i black bloc del football, urlano, strepitano, non protestano, sanno che Rizzoli, o uno qualunque al posto suo ma con passaporto italiano, è pronto a fare da bersaglio o sputacchiera. In attesa del fair play finanziario (un miliardo e mezzo di euro di debiti, questo è il monte «rosso» del calcio continentale) sarebbe opportuno introdurre il fair play e basta, un minimo di educazione civica e sportiva, il rispetto dell’avversario e dell’arbitro non soltanto al momento dello scambio dei gagliardetti. Insomma ci siamo fatti riconoscere anche a Pechino. Non è che i cinesi siano un buon esempio di educazione e di democrazia, anzi, ma almeno un po’ di buona creanza nei confronti dei padroni di casa sarebbe stata opportuna.
Invece alla fine della cosiddetta contesa quelli dell’Inter avevano il broncio, Wesley Sneijder il più inquieto e cafone di tutti, forse per le voci di trasloco, forse perché già pensava a Manchester e invece è «costretto» a restare in un monolocale di ringhiera a Milano, forse perché ha perso, forse perché non gradisce il nuovo ruolo tattico(?). Il resto della comitiva fatica ad accettare il verdetto del campo, non potendo ricorrere al Guido Rossi di giornata, a una coppa aggiudicata a tavolino da qualche saggio di circostanza, deve sopportare la vittoria milanista ma proprio non ce la fa. Massimo Moratti si è fatto rappresentare in Cina da Paolillo Ernesto che ha mostrato tutta la sua dentatura al momento del gol di Sneijder ma poi ha dovuto tornare in mestizia vedendo il proprio compagno di banco, Galliani Adriano, esultare di più, come da repertorio classico.
Ribaltato il risultato in campo, ribaltato il risultato elettorale. La fazione morattiana viene battuta dai berluscones, non è bastata la scritta in lingua madre, cinese, dello sponsor sulla maglietta nerazzurra, non sono bastate le operazioni di buona stampa, l’Inter riperde la supercoppa, era capitato anche a sua maestà Mourinho, dunque Gasperini non se ne faccia un assillo anche se i soliti dottori assicurano che a dicembre dovrà chiudere la valigia e salutare la comitiva, come è già capitato a Benitez, otto mesi fa, stessa spiaggia.
Insomma da Pechino nessuna buona nuova per il nostro calcio, arbitri compresi; il titolare di Prandelli, al secolo Cassano, è rimasto in panchina, i tre gol della partita appartengono a uno svedese, a un olandese e un berlinese che ha scelto la nazionalità ghanese.

Nessuna notizia dal reparto maternità italiano. Non ci restano che i debiti. E almeno in questo l’Inter ha già vinto il suo «titulo». Pausa, c’è ancora un po’ di mercato prima che di aprire le danze. Non so che cosa ci sia da ballare.

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