Per tradizione (e soprattutto numeri) la Lombardia ha quasi sempre avuto un ruolo decisivo nella scelta del presidente di Confindustria, l’associazione delle imprese manifatturiere e dei servizi che raggruppa 142mila aziende. A maggior ragione questa volta che, con il probabile passo indietro dell’industriale veneto Andrea Riello, la corsa per la poltrona nobile di viale dell’Astronomia si risolverà in un derby lombardo tra Giorgio Squinzi e Alberto Bombassei. Due candidati «gemelli», si dice, entrambi imprenditori di grande successo, persone serie e senza troppi rapporti con la politica. Almeno per adesso.
Squinzi, sessantasette anni, da 30 alla guida della sua Mapei, il colosso degli adesivi che oggi fattura 2,1 miliardi di euro per 7.500 dipendenti in 59 stabilimenti dei cinque continenti, per 12 anni presidente di Federchimica, sfida Bombassei, settantaduenne, vicepresidente di Confindustria per le Relazioni industriali e i Rapporti sindacali, il re dei freni e titolare della Brembo, multinazionale con quasi 600 milioni di euro di fatturato (di cui l’85 per cento all’estero e il 10 alla Fiat). Ha guidato Federmeccanica nell’era di Antonio D’Amato, c’è chi dice da «falco». Suo il «decalogo» con cui il 17 gennaio ha lanciato il programma per la rifondazione di Confindustria. Fatto curioso per uno che di Confindustria è stato per otto anni il vicepresidente. Tra i dieci punti la riforma dei rapporti sindacali. Che il sindacato ha subito letto come un attacco all’Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. E il 20 gennaio alla Brembo è stato sciopero.
«Per me - ha replicato Squinzi a Panorama - la licenziabilità dei dipendenti è forse l’ultimo dei nostri problemi», proponendo il «dialogo con il sindacato».
Cattolico moderato, a Squinzi si è di volta in volta attribuita una vicinanza a Silvio Berlusconi, ma anche a Romano Prodi, a Comunione e liberazione, e pure al Pd.
Di certo c’è la sua amicizia con il presidente Mediaset Fedele Confalonieri, risalente ai tempi dei vertici di Assolombarda. Dall’altra parte, ovverossia con Bombassei, si dice ci siano la Fiat e Luca Cordero di Montezemolo (di cui Bombassei è socio nei treni di Ntv), Marco Tronchetti Provera, Diego Della Valle e Franco Bernabè. E anche l’ex ad di Fastweb Stefano Parisi che qualcuno dice in manovra e pronto a un posto da vicepresidente. Ma nell’entourage di Bombassei qualcuno smentisce le promesse sul suo futuro ruolo.
Un gioco incrociato di veleni e alleanze dunque, ma anche di etichettatura dei due candidati che in un mondo pragmatico come quello degli industriali rischia di essere più zavorra che asso nella manica.
Di certo c’è che erano anni, dal duello tra Carlo Callieri e Antonio D’Amato che a sfidarsi non erano due personaggi di eguale peso. E, infatti, già si son viste le prime scintille. Con gli staff dei due candidati già impegnatissimi in un frenetico lavoro di lobbing e di conquista dei voti. Che qualcuno sta già provando a contare. Poco probabili quei 150 su 193 della giunta di Confindustria messi nero su bianco in un articolo dell’Unità. Perché uno del settore, e per di più con simpatie per Squinzi, confessa che «se dovessi scommettere, direi che le possibilità sono al 60 per cento Squinzi, 40 Bombassei». E un osservatore con preferenze per Bombassei conferma che «sarà un testa a testa».
La conta, dunque. A partire dalla Lombardia. Alla quale, tanto per capirsi, sui circa 1.030 voti dell’assemblea di Confindustria, ne toccano 230, quasi uno su quattro. E all’interno di questi una metà spettano ad Assolombarda che dunque da sola pesa come mezza Lombardia.
Equilibri mantenuti nei 193 voti della giunta (19 ad Assolombarda) che rappresenta le 267 associazioni di categoria e territoriali e che il 22 marzo dovrà designare il successore di Emma Marcegaglia da proporre poi per la (scontata) ratifica all’assemblea il 23 maggio. Prevedibile che i voti di Assolombarda in giunta si divideranno perché il presidente Alberto Meomartini (legato da sempre al numero uno dell’Eni Paolo Scaroni) alla fine, vista la caratura dei personaggi in corsa, dovrebbe optare per la «libertà di coscienza». Ma per Squinzi alla fine dovrebbe esserci qualche voto in più. Tra le associazioni territoriali, con Squinzi dovrebbero schierarsi Lecco, Como, Sondrio, Cremona e Mantova dove la Marcegaglia potrebbe far prevalere la sua preferenza per mister Mapei. Con Bombassei, invece, ci saranno Bergamo che ha coordinato la scalata e Brescia. Varese è divisa tra una forte componente pro Squinzi e il past president dell’Unione degli industriali Alberto Ribolla che spinge per Bombassei. E dovrebbe spuntarla. E in tre, Varese, Bergamo e Brescia pesano come tutta Assolombarda. Pavia (un rappresentante) al momento è in gioco. Con Squinzi si sono già schierate le grosse associazioni industriali di Roma e del Lazio, Genova, Bologna, la Toscana, Federchimica, i costruttori edili dell’Ance, l’Associazione grandi imprese, Anie (industrie elettriche) e Smi (Sistema moda Italia). Bombassei, invece, farà bottino in Piemonte, Emilia Romagna e al Sud.
Per saperne di più, e a testimonianza del suo peso, giovedì prossimo in Assolombarda primo confronto pubblico di fronte agli associati.
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