Ferito da De Maria esce dal Niguarda

Sta meglio il barman aggredito dal suicida

Ferito da De Maria esce dal Niguarda
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È stato dimesso ieri pomeriggio dall'ospedale Niguarda Hani Fouad Abdelghaffar Nasra, il 51enne di origine egiziana, dipendente dell'hotel Berna di via Napo Torriani, accoltellato all'alba di una settimana fa, sabato 10 maggio, dal collega, receptionist della struttura a quattro stelle Emanuele De Maria, il 35enne che il giorno dopo si è tolto la vita gettandosi dalle terrazze del Duomo in corso Vittorio Emanuele. Era stata una aggressione particolarmente violenta - come documentato dalle immagini estrapolate dalle telecamere di sorveglianza davanti all'albergo - quella di cui era rimasto vittima il 51enne, ferito da De Maria (nella foto) con 5 coltellate a torace, schiene e collo, una raffica di fendenti che avevano leso anche la giugulare. In un primo tempo i soccorritori del 118 lo avevano dato per spacciato e comunque in pericolo di vita, ma una volta in ospedale l'uomo era stato operato per sette ore dagli specialisti del «trauma team» che gli hanno salvato la vita. Già domenica infatti l'uomo, uscito dalla rianimazione, stava meglio e ha potuto parlare con gli investigatori della Squadra mobile che si occupavano delle indagini. Aveva così potuto spiegare agli investigatori della questura che se il 35enne si era avventato su di lui con tanta veemenza (rompendo persino la lama del coltello per la foga, ndr) poteva essere solo perché anche lui, come molti altri colleghi, aveva consigliato la barista Chamila Arachchilage Dona Wijesuriyauna - la 50enne che intratteneva una relazione con De Maria, poi uccisa dall'amante - di lasciare il gelosissimo giovane receptionist, già autore di un omicidio nel 2016 e ancora detenuto nel carcere di Bollate seppur ammesso al lavoro esterno.

Intanto ieri la Camera penale di Milano, in riferimento alle indagini della Procura che sta verificando sottovalutazioni o mancate segnalazioni nel percorso del detenuto, hanno scritto in un documento che «(...

)una singola vicenda, per quanto incomprensibile e tragica, non può mettere in discussione un sistema che rappresenta l'unica valida alternativa rispetto alla reclusione inumana e senza speranza, foriera di disperazione all'interno delle carceri».

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