La Quercia grande, a cui venne impiccato Pinocchio dal Gatto e la Volpe, si trova su di un promontorio a cavallo tra i paesi di Gragnano e S. Martino in Colle, in Lucchesia. Vi si giunge da una strada sterrata che sembra fatta ancora per essere percorsa col calesse o col barroccio. Siamo dentro un paesaggio incantato, immerso nel silenzio e nel verde.
La Quercia appare dimprovviso, in cima alla salita, con tutta la forza della sua immagine, un po surreale, tanto è ben delineata nelle forme. Una vera e propria scultura. Si dice abbia più di seicento anni. Ai tempi di Collodi e del suo burattino era già così. Soltanto le chiome erano più frondose. Adesso si è ammalata. Non solo per la veneranda età, ma anche perché insetti nocivi si sono insinuati nella sua corteccia. Si sta cercando di salvarla, e già dovrebbero essere iniziate le terapie. A lanciare lallarme è stato il sindaco di Capannori Giorgio Del Ghingaro. La Regione Toscana pare essersi impegnata. Ora che è ammalata, molti vanno a farle visita, sostano sotto i suoi rami, alcuni dei quali, sorretti da pali forcuti, fanno ponte sopra una via bianca di polvere. Sono rami fragili, dove non arriva bene la linfa. Ma, per il resto, emana una forza unica e autentica e che sembra più appartenere a un dinosauro o a un pachiderma che non a un albero; i suoi rami bassi danno infatti limpressione di essere proboscidi, i suoi nodi, i muscoli di un enorme equino.
Sono andato a trovarla un giorno di vento, ma la sua cima non si muoveva. Tutto, di lei, era immobile. Come avesse non soltanto fermato il tempo, ma anche gli elementi della natura. Le querce vicine non le assomigliano. Hanno il fusto lungo e una corteccia diversa: meno spessa e più chiara. Lei è scura, con propaggini perfino avvolte in un sottile strato di muschio. Collodi, paese di Carlo Lorenzini, si trova poco distante; quellalbero faceva al caso suo, saccordava alle sue visioni fantastiche e alle imprese dei suoi personaggi.
Ma una Quercia come lei è anche altro. Basta starle accanto per sentirlo. La sua forza antica entra nella nostra mente trasmettendoci le immagini di tutto un passato, quando la gente delle varie epoche le circolava vicino e lei la guardava come sanno guardarci le piante: con amore e diffidenza, poiché, alla stregua degli animali, sanno benissimo di cosa siamo capaci. Di uccidere e di distruggere, anzitutto. Perdono e amore vengono per ultimi, e spesso soltanto per opportunità o esibizione.
La immagino piccola pianta, in mezzo a un bosco tutto di querce. Il rischio di venire abbattuta dalle scuri o da un fulmine era costante. Ma forza e mistero della natura la proteggevano, volevano arrivasse a noi. Gli anni la sfioravano, senza tuttavia coinvolgerla negli eventi della storia umana, che era in parte fatta di fatica, miserie dogni sorta e morte. A ciò sera abituata alla stessa maniera in cui lottava col vento, coi fulmini che la lambivano, con la neve e il gelo dei lunghi inverni. Sopra i suoi rami sostavano tutti gli uccelli. Diurni e notturni. Ognuno le confidava qualcosa, le svelava un segreto. In certe notti di luna piena, le venivano accanto strane donne. Poi facevano cerchio, ballando attorno al suo tronco. Ciò non toglieva che le notti di luna piena fossero le migliori. Cielo e terra la ricaricavano di forza nuova, entravano nella sua linfa e le sue radici si amalgamavano meglio con la terra e le sue profondità che tanto la attraevano, distraendola da ciò che avveniva sotto la luce del sole.
La terra non laveva mai tradita, anzi, nei momenti di paura laveva confortata. Continuava a esserle madre. Destate si sentiva regina. Il sole la faceva brillare. Ma erano belli anche i giorni dautunno, quando una parte di lei si assopiva e vedeva fare altrettanto ai tassi e agli scoiattoli che non mancavano di farle visita prima di scendere in letargo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.