Stadio/2 Il sito individuato a Sestri Ponente condannerebbe l’aereoporto al declino

Con le squadre genovesi in testa al campionato, l'idea di costruire vicino all'aeroporto un nuovo grande stadio finalmente in regola con le normative Uefa - idea «esplosa» quest'estate sull'onda della sintonia fra il sindaco e il presidente della Sampdoria, consenziente, sembra, anche il presidente del Genoa - poteva sembrare almeno un cambio di passo per un'amministrazione cittadina che ci ha abituato soprattutto agli annunci. Ma se la prima mossa deve essere questa, allora è meglio stare fermi ancora un po’.
Intendiamoci: che Genova abbia uno stadio costruito e gestito con soldi privati, anziché una società comunale che affonda il suo grave deficit nelle tasche dei contribuenti, mi trova del tutto d'accordo. Dove gli stadi sono gestiti da soggetti privati, di solito le stesse società sportive che lo usano, sono utilizzati in modo efficiente e profittevole. Spesso ospitano le sedi delle società, le loro clubhouses, qualche ristorante. Qui, nella città dove è nato il calcio italiano, lo stadio potrebbe ospitare un museo del calcio che sarebbe il primo in Italia, e potrebbe attrarre molti turisti-tifosi.
Ma questi possibili vantaggi sono del tutto indipendenti dalla costruzione di un nuovo stadio, e soprattutto nulla hanno a che fare con la sua eventuale collocazione vicino all'aeroporto. Può darsi che il glorioso «Luigi Ferraris» sia inadeguato, ed è noto che la sua presenza causa problemi ai residenti di Marassi. Ma ne causa di ben più gravi il carcere, peraltro sottodimensionato rispetto alle esigenze. Una strategia di riqualificazione del quartiere, se ce ne fosse finalmente una, dovrebbe partire proprio dal trasferimento del carcere (se ben ricordo, uno dei tanti proclami del sindaco caduti nel nulla) e dall'adeguamento dello stadio esistente.
Quanto al nuovo stadio, il sito scelto è la prima e cruciale controindicazione: si condanna definitivamente l'aeroporto, precludendogli ogni possibile prospettiva di crescita e sottraendo addirittura una parte del suo attuale territorio. Ci penserà l'Enac, ritengo, a dire no a questa follia. Ricordiamo l'articolo apparso nei giorni scorsi sul Financial Times: Genova dal potenziale enorme e dal passato glorioso di grande hub dei traffici e delle ricchezze mondiali, oggi condannata al declino da un'amministrazione insipiente e priva di una visione strategica. Sempre più isolata sul fronte delle infrastrutture terrestri, del porto, dei collegamenti aerei. Imprigionare l'aeroporto - anche se esso oggi è poco utilizzato, per una gestione poco dinamica ma soprattutto per il declino della città - significa far sprofondare Genova in un ulteriore isolamento e declino, in un circolo vizioso che sembra non avere fine.
E poi, il progetto, più che quello di un nuovo stadio, sembra quello di un ennesimo grande centro commerciale con uno stadio annesso. E non se ne sente la mancanza. A parte il prevedibile danno alle attività esistenti, soprattutto nel Ponente, è ora di rovesciare la strategia dell'utilizzo del territorio a Genova. Meno luoghi destinati al consumo delle decrescenti ricchezze, più luoghi destinati alla produzione e all'esportazione, generatrici di ricchezza aggiuntiva.

Anche produzione di servizi, sia chiaro: ma esportabili, come la logistica o il turismo; oppure produzioni «leggere» come l'high-tech (tutte attività che prediligono proprio la vicinanza agli aeroporti). Una ricetta imprescindibile se si vuole che l'economia genovese torni a crescere, ad attrarre investimenti e imprese, a creare lavoro.
*senatore Pdl

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