nostro inviato a Venezia
Non capita tutti i giorni di dare vita a un personaggio il cui nome nel tempo entra nel linguaggio comune e finisce con lindicare un modo dessere, nellincarnare, se si vuole, una filosofia. Quando accade, si è di fronte a uno spirito creatore e al tempo stesso a un classico, e come tale bisogna riverirlo e trattarlo. Negli anni Sessanta, Sylvester Stallone inventò Rocky e la sua epopea, negli Ottanta fu la volta di Rambo e ha perfettamente ragione Marco Müller, il direttore della Mostra del cinema di Venezia, a definirlo, nel premiarlo, «il re dei cineasti fuori norma», «il cineasta maverik per eccellenza», dove il termine inglese, intraducibile, indica bizzarria e originalità. Il premio in questione, Jaeger-Le Coultre Glory to the Filmaker Award, prima di lui era andato al giapponese Takeshi Kitano, all iraniano Abbas Kiarostami, alla francese Agnés Varda, tre nomi che grondano intellettualità da tutte le vocali e da tutte le consonanti. Che ai loro si aggiunga ora quello di Stallone, che ad un occhio superficiale dalle stesse gronda solo sudore, è un ulteriore elemento maverik su cui vale la pena soffermarsi.
Nato nel 1946, di famiglia modesta, Stallone è stato fin da ragazzo un cervello pensante in un corpo ingombrante. Aveva uno di quei Q.I. (i quozienti dintelligenza che negli States servono a selezionare gli allievi più notevoli) che lasciano esterrefatti gli insegnanti, e un fisico abituato alla fatica. Ha messo il primo al servizio della sua fantasia e del suo talento, ha usato il secondo per mantenersi nella vita. Ha studiato Arte drammatica allUniversità di Miami e ha lavorato nellhard-core, ovvero il cinema porno, ha riempito quaderni di sceneggiature rifiutate e ha fatto loff Broadway in produzioni marginali e in ruoli secondari... «Ero uno che aveva fame, voleva sfondare, avevo il complesso dinferiorità tipico di chi si sente incompreso. Sotto questo aspetto, Rocky è un po il mio alter ego, è uno che sente di potercela fare, basta soltanto che la vita si decida ad offrirgli una chance».
Loccasione è arrivata che Stallone aveva già trentanni, quando molti produttori decisero che il racconto da lui scritto su un piccolo malavitoso che è anche un discreto pugile e al quale viene offerta la possibilità di combattere per il titolo mondiale, potesse trasformarsi in film, a patto però che ci fosse una star nel ruolo principale. Tenne duro, rifiutò di vendere il soggetto, ottenne che fosse lui stesso linterprete. Alla regia approderà due anni dopo, con Taverna Paradiso, un dramma familiare nella New York del secondo dopoguerra, che già nella gara notturna sui tetti con cui si apre dimostra una sorprendente originalità.
Mentre la saga di Rocky Balboa si dipana, con lui anche come regista, Stallone crea quel fenomeno di storia del costume che si chiama Rambo, il reduce di una guerra che nessuno vuole ricordare, limmagine di unAmerica che tutti vogliono dimenticare. «Da ragazzo ero affascinato da quelle figure che hanno in sé dignità e orgoglio. Ulisse e Robin Hood, il ranger solitario dei film western appartengono a una mitologia adolescenziale che ti segna. Leroe non è mai quello che non ha paura di niente, ma quello che conosce la paura e sa vincerla perché in palio cè qualcosa che la trascende e trascende la vita stessa: il rispetto di sé, lamore per gli altri. Letica di Rambo, se si vuole, è il sacrificio, non il muscolo. Il Rambo Directors Cut che presento a Venezia, nasce proprio dallesigenza di ridare al personaggio quella complessità che nella versione prodotta era stata sacrificata in nome dellazione».
Nel futuro di Stallone ci sono molte regie, quella di The Expendables, «una storia sul prezzo che la gente paga per salvare gli altri», dove figurano in tanti camei attori come Bruce Willis, Dolph Lundgren, Mickey Rourke e Arnold Schwarzenegger, un remake di Il giustiziere della notte reso celebre da Charles Bronson, il progetto di portare sullo schermo i romanzi di Wilbur Smith e la vita di Edgar Allan Poe. «Io mi considero uno scrittore e un regista. Credo anzi che il regista sia un lavoro talmente privilegiato che bisognerebbe farlo gratis. Mi rendo conto di avere un volto, un fisico e ormai unetà che mi limitano, ma va bene così.
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