«Dalla stampa estera attacchi che sputtanano l’immagine dell’Italia»

nostro inviato a Benevento

«Se la mettiamo sul piano fisico, mi tolgo la giacca...». È in palla il Cavaliere. Risponde a tono agli assist che piovono dagli spalti, infila appena può le sue barzellette (una è sul Padreterno, che finirà per fare il suo vice in un’ipotetica e celestiale società per azioni del paradiso) e si presta a fare «il buttadentro o il buttafuori», quando dà indicazioni dal palco a chi sta ancora in piedi. È in sintonia con il suo pubblico targato Pdl, che lo ascolta per un’ora e mezzo, chiamato a raccolta al Palatedeschi di Benevento dalla coordinatrice locale, la deputata Nunzia De Girolamo. Dopo giorni di astinenza, ritrova così il contatto diretto con il Popolo della libertà e archivia, a tratti, la rabbia per la bocciatura «sleale» del Lodo Alfano. È in palla, dunque, ma non solo per l’ironia che si riaffaccia nelle sue parole. Perché Silvio Berlusconi non cala nel Sannio, di domenica, per far sorridere.
Anzi, spesso va giù con la mannaia. Sulla Corte costituzionale, che agisce da «organismo politico», e su «certa» stampa nostrana e straniera, pronta a «sputtanare» (letterale), con «accuse ridicole, assurde e spirito anti-italiano, il sottoscritto, la nostra democrazia e il nostro Paese, danneggiando pure i nostri prodotti». E come dimenticare, secondo l’inquilino di Palazzo Chigi, la continua azione della nicchia rossa della magistratura o la finta democrazia sbandierata dai democratici, visto che quelli del Pd rimangono i «comunisti di sempre: non credono che i cittadini possano indicare coloro che devono governare, ma pensano che il popolo sia un bue narcotizzato dalle tv e che a guidarli debba essere un’élite».
È questa la fotografia che il presidente del Consiglio dà del partito alle prese con la sfida interna per la segreteria, che, tra le altre cose, «vede come leader outsider l’editore di Repubblica ed Espresso». Già, quel Carlo De Benedetti che «ha aperto una campagna di attacco contro il premier, magari nella consapevolezza di avere un’azione civile in corso (vedi Lodo Mondadori, ndr), affidata a un giudice del quale se ne sentiranno venir fuori delle belle». Lo stesso imprenditore che «pensava di indebolirmi con un character assassination in pieno svolgimento ancora adesso, con la perdita di immagine all’estero, attraverso l’imbeccamento di tutti i giornali internazionali».
Un’azione, prosegue Berlusconi, portata avanti «con una sentenza che avrebbe dovuto colpirmi patrimonialmente, quindi per farmi fuori, trasformando in realtà i sogni di Massimo D’Alema, quando ebbe a dire che voleva vedermi sui gradini di una chiesa a chiedere la carità». Un’operazione che potenzialmente si potrebbe condurre «attraverso lo strumento di una giustizia deviata», usata a fini «di lotta politica». Ed è proprio questo uno dei punti chiave, forse il tema scatenante dell’intero progetto di riscrittura organica della Carta, che pian piano - è ancora una sensazione - si affaccia nella mente del Cavaliere. Convinto com’è che «non possiamo accettare di tornare nelle condizioni vissute anni fa». Cioè, nel ’93, quando un’intera classe politica venne spazzata via. E nel ’94, quando l’avviso di garanzia ricevuto a mezzo stampa a Napoli (ad anticiparlo fu il Corriere della Sera), durante una conferenza Onu sulla criminalità, provocò la caduta del suo primo governo. Complice l’allora capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, lesto a telefonare a Bossi per dirgli che «il premier era nel burrone e che doveva rompere gli indugi e l’alleanza», altrimenti nel baratro «ci sarebbe finito anche lui». Il Senatùr «gli credette e il governo fu costretto alle dimissioni».
Ma tutto ciò non si ripeterà. «Stanno cercando di fare la stessa cosa - avverte -, ma state sereni, perché vi do la più ampia garanzia che c’è la volontà di tutto il governo di portare a termine il mandato affidatoci dagli italiani». E poi, «di diverso, rispetto a quell’epoca, c’è il Pdl, ci siamo noi». Di conseguenza, niente dimissioni né elezioni anticipate, avanti fino al 2013. Con l’auspicio magari che si riesca quanto prima ad approvare una riforma complessiva dello Stato, visto che «non si può continuare così», refrain che ribadisce più volte, consapevole che «qualcosa dovremo pur fare». Per dire basta a chi si pone l’obiettivo di sovvertire il responso delle urne e «cambiare la situazione» che «consente di rivolgere infamie, improperi, insulti e volgarità a un premier eletto dal popolo». Vedi il caso Piero Ricca, che gli urlò «buffone», fuori dall’aula del processo Sme: una «goliardata», sentenziò la Corte di Cassazione, sottolinea Berlusconi.
Insomma, qualcosa sembra frullare nella mente del Cavaliere, che ieri mattina sembrava dover sbottare da un momento all’altro e riferire del riassetto istituzionale in cantiere (tra le ipotesi che circolano: presidenzialismo o semi-presidenzialismo, più tutela per il primo ministro, ridisegnare ruoli e compiti dei pubblici ministeri, rivedere la composizione e le scelte per la nomina dei componenti della Consulta, reintrodurre l’immunità parlamentare). Si vedrà, siamo ancora nel mondo del «si dice». D’altronde, butta lì a inizio comizio, senza completare la frase, «non so se girarci attorno o affrontare in maniera diretta la questione». Di certo, dinanzi alla «situazione in cui versa il Paese, varrebbe la pena, tra qualche giorno, fare una profondissima riflessione». Per il momento, però, «non siamo ancora pronti».
Comunque sia, bisogna «evitare che si ritorni al popolo che non conta niente e a un Parlamento che non può legiferare», a causa di «una Corte costituzionale che non è organo di garanzia ma è organo politico». Sulla materia, «sono stato accusato di una polemica fuori luogo», ma «credo di non aver detto una parola fuori posto». Anzi, è la Consulta ad aver «negato se stessa». Rimanendo in tema giustizia, Berlusconi rammenta che «è già pronta la riforma, fondamentale, del processo penale, con la separazione dei pm dai giudici». Perché i primi dovranno recarsi dinanzi ai secondi «con il cappello in mano, come accade per gli avvocati della difesa». Tra l’altro, aggiunge il premier, «oggi i giudici devono essere capaci ma anche eroici, per dire no ai teoremi dei pm. Se lo fanno, infatti, mettono in pericolo anche la loro carriera». E poi, per dirla tutta, «in Francia e Inghilterra, ad esempio, i pubblici ministeri non sono autonomi e indipendenti nel più alto arbitrio, ma sono sottoposti al ministro della Giustizia e all’esecutivo».
Si passa così alle intercettazioni, capitolo collegato. «In una democrazia, la privacy e la riservatezza» sono «un bene primario di ogni cittadino, perché «il primo diritto è quello della privatezza e della inviolabilità di conversazioni e corrispondenza: in Italia questo diritto non è tutelato e posso dire anzi che è quasi calpestato». Per questo, rimarca Berlusconi, il governo sta lavorando a una riforma con cui «permetteremo le intercettazioni soltanto in presenza di reati gravi». A seguire, il progetto studiato d’intesa con il Guardasigilli. «Mercoledì, con Angelino Alfano, metteremo a punto un piano per realizzare in meno di due anni prigioni civili per 20mila posti». In questo modo, l’Italia «tornerà a essere uno Stato civile».
Per chiudere, ecco il messaggio positivo.

«Di fronte a ciò che vediamo sui giornali e a quelli che hanno gridato “vergogna” e “assassino”, durante la mia partecipazione ai funerali di Messina - sottolinea infine il Cavaliere - c’è la grande consolazione di vedere l’Italia buona, quella vera. La più generosa e audace, che si manifesta con grande spirito di solidarietà e abnegazione. Come quella che hanno mostrato i vigili del fuoco, i volontari e le forze dell’ordine in occasione del terremoto in Abruzzo».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica