La stanza di Mario Cervi

Caro direttore,
da qualche tempo desidero scriverle a proposito dell’ottimo Mario Cervi con la sua «Stanza» e della sua metamorfosi, se mai c’è stata.
Premetto che a suo tempo lessi tutti i libri della Storia d’Italia scritta dallo stesso a quattro mani con Indro Montanelli. Volumi di cui conservo un ricordo molto positivo e che consiglierei di adottare nelle scuole. Oggi però ho l’impressione che Cervi si sia, a distanza di tempo, come dire, un po’ seduto o quantomeno adattato a quelle che sono le andature conformiste del cosiddetto politically correct. Ultimamente lo sento in grande sintonia col presidente Fini e trovo anche che, attraverso le sue argomentazioni molto spesso buoniste e francamente «di maniera» come un qualsiasi nonno Libero, egli propenda con tanta benevolenza (troppa) a smussare o anche mortificare molti degli «angoli» ideologici contrapposti, pur di eludere un franco e coraggioso dibattito, adottato e riconosciuto invece su tutta la linea del Giornale.
Insomma ho la sensazione che egli stia, forse inconsapevolmente, ripercorrendo la stessa strada dei democristiani d’antan (ma anche di oggi): un colpo al cerchio e uno alla botte, onde non prendere mai una posizione decisa e coerente e non doversi schierare apertamente con nessuna idea, soprattutto estrema e impopolare anche se... giusta. Ma soprattutto: meglio non disturbare eccessivamente gli altri. Dico questo in quanto ho trovato stonate alcune sue risposte, che non sto qui a elencare, a domande legittime e circostanziate di alcuni lettori i quali si saranno, credo, sentiti un tantino sbeffeggiati e delusi dal nostro. Secondo me le risposte attese (e dovute, anche se non lo decido io, ovvio!) dovevano essere altre. E probabilmente lo erano. Si prenda a esempio il comune sentire e... la propria coscienza. Perdoni l’ardire di questo scritto e se non desidera rispondere la comprenderò comunque ma il quesito resta.


Arese
Caro Cervi,
come si identifica lei nel nuovo corso del Giornale? In questo tipo di giornalismo ben diverso dal tono da lei sempre espresso si trova ancora a suo completo agio? Comprendo che i tempi sono cambiati, ma passare dai tempi dell’elzeviro ai titoli gridati di oggi il passo è comunque lungo.
Valdo Mori
Pisa

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