La stanza di Mario Cervi

Caro Cervi, parliamo di imprese e lavoro. Molte aziende si avvalgono di ciò che è possibile per legge, proponendo a esempio contratti a progetto o a 1-3 mesi. Questo potrebbe banalmente sembrare che comporti solo un continuo spostamento di forza lavoro da un posto all’altro, ma la forza lavoro in termini di numero di dipendenti occupati sul territorio italiano resta comunque identica. Se non fosse che di sicuro, al di là delle problematiche personali, che di sicuro non sono indifferenti, comporta indubbiamente anche dei tempi morti, tra un lavoro e l’altro, dato che, con la crisi che c’è o si cavalca, immagino che siano pochi i dipendenti così fortunati da riuscire a passare da un contratto a termine all’altro senza tempi morti.
Ma c’è anche l’altro problema: il numero ingente di aziende che in questi ultimi anni ha usufruito di leggi volte a garantirle in caso di crisi, per licenziare dei dipendenti e ridurre il personale. Il ragionevole dubbio che alcuni se ne approfittino non credo appartenga solo alla sottoscritta: in questo modo meno dipendenti svolgono la stessa mole di lavoro e il guadagno netto sale. Ma esistono di sicuro anche aziende che davvero non ce la fanno più e affogano nelle tasse e vanno in rosso e quindi, a malincuore riducono il personale, non aiutate da leggi che fanno acqua.

Quale delle due sia la motivazione che lascia senza stipendio dei cittadini l’esito non cambia: quelle persone perderanno potere economico e meno persone acquistano meno l’economia gira insieme al capitale, più le aziende hanno calo di fatturato, più dipendenti restano senza lavoro, e così via in un circolo vizioso e preoccupante, che forse sarebbe davvero ora che gli organi competenti si attivassero ed impegnassero a interrompere, laddove possibile!
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