la stanza di Mario CerviIl petrolio italiano c'è, ma sprofonda negli iter burocratici

Egregio dott. Cervi, sogno o son desto? Non molto tempo fa ho sentito che nel meridione italiano esiste un notevole giacimento di petrolio che per ovvi motivi italiani non si è mai sfruttato. Questa notizia l'ha detta un canale televisivo. Da quel giorno silenzio assoluto, sia televisivo che cartaceo. Tutto questo è stato solo un bellissimo sogno? Se il petrolio esiste, perché non lo si estrae?
Milano

Caro Assunto, anch'io avevo sentito parlare di quell'ingente - e mediaticamente poco presente - petrolio italiano. La risposta al quesito che lei mi pone l'ho tuttavia trovata in un documentato servizio del Sole24Ore pubblicato nel gennaio scorso. Il petrolio italiano esiste, nella Val d'Agri della Basilicata. È il più grande giacimento dell'Europa continentale. L'Eni estrae da quei pozzi circa 86mila barili al giorno. Ma la produzione non aumentava, anzi è a lungo diminuita, per il blocco sostanziale di qualsiasi autorizzazione. In Basilicata e in tutto il sud da otto anni non si perforava, poi la messa in produzione d'un nuovo pozzo ha invertito il trend negativo. Ma siamo ancora a livelli bassi. Ogni iniziativa trova ostacoli immani, ci sono voluti dieci anni perché si completasse l'iter burocratico della Val d'Agri. Oltre alle pastoie dei vari enti pubblici interessati, è importante e a volte insuperabile l'opposizione dei comitati del «no». Che issano - a volte con ragione, altre volte a torto - bandiere ambientaliste. Sicuro è che in Italia nessuna opera - si tratti del petrolio o si tratti della Val di Susa - può compiere indenne, anche quando tutte le carte siano in regola, il suo percorso.

Mi guardo bene dall'affermare che tutti gli allarmi lanciati dai difensori dell'ambiente e del paesaggio siano infondati. Ma è possibile che per l'Italia si predichi la paralisi mentre altrove vengono portati celermente a termine progetti giganteschi?

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